«Sire, io vengo dall’altro paese. Nelle città ci annoiamo, non c’è più un tempio del Sole [...] I diversi quartieri di questa città potrebbero corrispondere all’intera gamma di umori che ognuno di noi incontra per caso nella vita di ogni giorno.[1][2]»

La psicogeografia è una metodologia d'indagine dello spazio urbano creata nei primi anni cinquanta dal movimento di avanguardia artistica dei lettristi.

Tra psiche e ambiente

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Nel primo numero del bollettino dell'Internazionale Situazionista, pubblicato nel 1958, la psicogeografia viene definita "Studio degli effetti precisi dell'ambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui". In questo senso la psicogeografia si inserisce nel filone del determinismo ambientale, che era nato già con Friedrich Ratzel a metà Ottocento, per cui le relazioni tra ambiente e natura sono considerate e analizzate in maniera univoca, ovvero dalla natura/architettura all'uomo e non viceversa.

 
evoL PsychogeogrAphix, 2003 [1]
 
evoL PsychogeogrAphix, 2004 [2]
 
evoL PsychogeogrAphix, 2005 [3]

Tale metodologia conduce ad una visione aspramente critica dell'utilizzo e dello sviluppo degli ambienti urbani, che vengono considerati una forma di coercizione da parte della classe dominante nei confronti dei cittadini. L'idea promossa da questa teoria è dunque la decostruzione degli spazi urbani e la costruzione di nuovi, le cui caratteristiche principali siano breve durata, mutazione permanente e mobilità. La psicogeografia studia dunque le correlazioni tra psiche e ambiente, assumendo caratteri sovversivi nei confronti della geografia classica e ponendo al centro dei suoi scopi la ri-definizione creativa degli spazi urbani.

La psicogeografia è un gioco e allo stesso tempo un metodo efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione di una particolare zona metropolitana. La tecnica dell'esplorazione psicogeografica è la deriva, che indica un passaggio improvviso attraverso ambienti diversi.

Guy Debord ha suggerito alcune indicazioni per mettere in pratica una deriva psicogeografica:

«Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l'architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari.[3]»

  1. ^ Jean-Marie Apostolidès et Boris Donné, Écrits retrouvés par Ivan Chtcheglov, Editions Allia, Paris, 2006, p. 7. (Preview)
  2. ^ Ibidem, p. 14. (Preview)
  3. ^ Brano tratto da: Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, Bruxelles, novembre 1956. Ripubblicato senza le due appendici in: Internationale Situationniste, n. 2, Paris, décembre 1958; trad. it.: Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino.

Bibliografia

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  • Gianluigi Balsebre, Il territorio dello spettacolo, potlatch, s.l., 1997.
  • Gianluigi Balsebre, Della critica radicale. Bibliografia ragionata sull'Internazionale situazionista. Con documenti inediti in italiano, Grafton edizioni, Bologna, 1995.
  • Daniele Vazquez, Manuale di Psicogeografia, Nerosubianco Edizioni, Cuneo, 2010. (Scheda)
  • Luther Blissett, Della guerra psichica nella metropoli traiettoriale. (Leggi online)
  • Luther Blissett, Nomadismi superficiali alla conquista della Terra. (Leggi online)
  • (EN) Merlin Coverley, Psychogeography, Pocket Essentials, London, 2006.
  • (EN) Simon Sadler, The Situationist City, MIT Press, Cambridge, 1998.
  • (EN) Aleksandar Janicijevic, Psychogeography Now - Window to the Urban Future, Toronto, June 2008. (Leggi online)

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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