Io sono IVY
Di Ida Hidalgo
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Anteprima del libro
Io sono IVY - Ida Hidalgo
Copertina
Ida Hidalgo
IO SONO IVY
Petroio Productions
Citazioni
Oggi ho ricevuto un grande dono .
M. Agnelli
È la voglia di volare, di trovare insieme a te,
il posto giusto per amare.
A. Carrisi – R. Powe r
Il resto è storia
P. Hidalgo
PRAEFATIO FERE
A mia moglie.
Per questo bizzarro natale il mio principale pensiero va a te ed all’incommensurabile fortuna di averti ancora vicino a me. La fine ci ha per ora risparmiato e sei tu che dai un senso ad ogni mio secondo. Buon natale, amore mio.
A Paulus.
Ciao Seconda Scelta, non te la prendere, sono saluti in incognito. Studia o finiremo tutti nel freezer.
A Guillème
Nel ribadirti la mia contrarietà ti auguro un buon natale. Per tutto il resto, ti sono vicino.
A Gwen
Anche se sei ancora in fasce non credere di poter battere la fiacca. Cerca di piangere il più possibile e quando i tuoi genitori ti faranno delle affettuose rimostranze, dì loro che te l’ho ordinato io. Buon natale, piccola mia.
A George
Ti invio questa lettera in incognito perché so quanto odi le ricorrenze. Non saprai mai chi sono. Buon natale.
Alla popolazione.
Buon natale a tutti e ricordate che non è finita fino a che non è finita.
- Niente firma, manda.
MANCA IL TEMPO E MANCA ANCHE LO SPAZIO
- Ma, riflettete, se non ci fossi io, di cosa scrivereste voi scrittori?
Del resto, se adesso ci fosse una di Lei descrizione significherebbe che c’è un luogo in cui Lei si muove e, di conseguenza, un contesto. La parola contesto
indica un tot di cose da sapere prima ed ovviamente, la presenza di un dopo . Tutta roba di cui si può fare a meno con tale titolo.
- Ma, guardate, io nel mio piccolo l’avevo capito da un bel pezzo. Ho sempre lavorato sodo per dimostrare al mondo di essere il migliore e, lo dico senza falsa modestia, lo ero. È proprio per questo che ritrovarmi qui con voi mi dà la certezza che a lavorar duro, si realizzano tutti gli obbiettivi che un uomo si prefigge in vita - Dice Lui, perché di unità biologica di sesso (biologico) maschile si tratta. Per non parlare dei baffi e della testa alla Béranger.
- Io non vi capii, come non vi capisco adesso e non è colpa mia. Come potete dire che avete raggiunto tutti i vostri obbiettivi alla fine? Io vi ho considerato il migliore degli amici di famiglia, disponibile, sincero, oltre ad aver scorto in voi le liete caratteristiche della vostra vocazione letteraria anche se, devo essere sincera, non ho capito molto dei vostri libri. Ora posso dirvelo.
- Le mie opere non erano scritte per Voi, ma per me. Quando voi avevate in mano un mio libro non avevate in mano la mia voce, avevate in mano la mia vita. I vostri occhi mi osservavano con attenzione, potevo sentire il vostro respiro, la sua mano sinistra mi sorreggeva mentre la destra mi carezzava delicatamente girando le pagine. Non è possibile dimenticarlo, proprio non è possibile.
- Siete un sognatore e finalmente, siete anche un po’ galante.
- Non ho finito. Mi sono soffermato su questa immagine talmente tanto da aver lungamente scambiato la realtà per la fantasia. Ero tuttavia convinto che solo questa fantasia mi rimanesse di voi. Invece eccoci qui. Se fossi ancora nel regno delle anime affannate tutto ciò mi porterebbe a scrivere di nuovo.
- Lo faccia, il tempo non manca - Qui c’è dell’ironia, almeno nell’intenzione dell’autore.
- È qui che voi vi sbagliate. Manca il tempo e manca anche lo spazio. Vi ricordate che giorno è questo?
- Sinceramente no.
- È quando vi conobbi.
- Vaneggiate, eravate un fanciullo.
- Un adolescente, via.
- Senza baffi e senza…
- Questa testa alla Béranger, lo so. Comunque, è questo il giorno. E se il giorno è questo, e voi siete esattamente come allora, significa che siete dentro un mio ricordo che è diventato un romanzo come ben sapete.
- Ehm, sì, d’altronde la panchina, il cestino, il foulard, il suonatore d’arpa…
- Tutto come allora.
- Non ero felice allora, sappiatelo.
- Non ho scritto che eravate felice, ho scritto che eravate bellissima.
- Mentivate allora e mentite adesso, soprattutto a voi stesso.
- Io vi ricordo così ed è un gran bel ricordo, consentitemi.
- Dura da veramente tanto questa fantasia, ha superato i confini di spazio e tempo.
- Letteratura, è l’unica cosa sensata. Crepano tutti senza aver scritto nulla, e quel che è peggio senza aver letto nulla. Eppure, ci vuol talmente poco per essere immortali.
- Non ho capito, perdonatemi - Captatio femminile, ha capito benissimo invece.
- Oh, vi perdonerei di tutto, figuratevi. Dicevo, questo ricordo è diventato letteratura ed ho il sospetto che sia diventato un ricordo collettivo. È per questo che ci siamo finiti dentro, perché è diventato più grande di me, di Voi. Va a finire che questo ricordo potrebbe contenere anche altre genti che potrebbero viverlo insieme a noi, anche soltanto di passaggio.
- Vi state vantando, ma è tipico di voi.
- NON È VERO - Beh, insomma...
- Sì che è vero: voi non scrivevate per la gente come faceva Émile.
- Non ditelo nemmeno per scherzo: se finiamo in suo libro ci tocca crepare di stenti e/o affogare nelle lacrime.
- Lui scriveva di cose reali…
- Perché passava metà delle sue giornate chiuso in bagno e l’altra metà nei postriboli. È per questo che non mi sono sposato. - Era anche contrario alla filiazione, detto per inciso.
- Pensavo che non vi foste sposato perché amavate me…
- In effetti sì. Voi siete stata il mio primo pensiero quando aprivo gli occhi e l’ultimo quando mi si sono chiusi per sempre. Mi mancavano dieci maledettissime pagine per finire il mio ultimo romanzo, se ci penso, quanta rabbia.
- Ecco, prima mi mentite poi pensate al lavoro.
- No, non vi mento e parlo di letteratura. Non facciamo confusione.
Il battello galleggiava sul fiume, che poteva essere la Senna. Entrambi non erano affatto interessati al paesaggio circostante. Eppure qualche chiatta, qualche pescatore, qualche imbarcazione avrebbero dovuto essere scorte almeno all’orizzonte. D’altronde è tutta roba che ha bisogno di tempo che scorre e occupa spazio ed evidentemente, manca sia l’uno che l’altro.
- Avreste avuto in vita l’ardire di rispondermi in maniera così categorica?
- Temo di no.
Mentre Parigi spariva, e c’è sempre una Parigi che sparisce in un modo o nell’altro, il di Lui pensiero fuggì di nuovo la realtà per baloccarsi con l’idea di scrivere le ultime dieci stramaledettissime pagine e così raggiungere l’immortalità. Poi, in un istante, pensò che l’immortalità in letteratura si raggiunge dopo il trapasso, ed è un ossimoro de taille. Dal che si evince: all’autore, inteso come unità biologica, della propria immortalità raggiunta dopo la morte non gliene cale; agli altri, il fatto di rivivere la vita dell’autore ogni volta che leggono una pagina, costringe anche l’autore a non morire mai, anche quando la pagina racconta di eventi tutto fuorché allegri. È l’arte, bellezza. L’illusione più faticosa possibile per una fine ben nota. Un nobile trucco per evitare di girare l’ultima pagina e accorgersi che c’è ancora da scrivere.
I
Luogo: qui, data: adesso.
Abramo (pronunciato Abjaa ) era il nome del Presidente. Da giovane questo nome gli fu causa di non pochi problemi: infatti, egli veniva additato già allora come un nostalgico
, un ragazzo che discendeva da una famiglia ancora attaccata alle storie di un tempo, dell'antichità, dell'era della vergogna, quando accadde quel che accadde, qualsiasi cosa fu.
Nonostante permanesse una gran parte dell'immane calore solare trattenuto dalle rocce, dopo il tramonto non c'era più pericolo di ustionarsi. Lui sapeva di sapere che non era stato sempre così, ma ad oggi la situazione in cui si trovavano tutti loro era quella: sabbia a perdita d'occhio ed una catena montuosa in lontananza. Un cielo chiaro sempre brillantissimo anche di notte, dove le stelle sembravano talmente vicine da riuscire a distinguerne le fattezze singolarmente e ad occhio nudo. Nemmeno gli uomini e le donne erano sempre stati così, una volta erano di gran lunga più intelligenti. C'era ossigeno nell'aria una volta, non molto, ma era sufficiente. Poi c'erano le proteine, un sacco di proteine. Forse qualcuno aveva dato un nome alle stelle un tempo e terminato il lavoro si era riposato, soddisfatto. Che pena avrebbe provato se avesse saputo che tutta la sua opera, alla fine, non sarebbe servita a niente. Perché è qui che erano, alla presenza di entrambi: alla fine. E al niente.
Anche la sua elezione a Presidente fu poco più di un rito. Nella colonia erano rimasti in duecento e lui era l'unico di una certa età ancora vivo. Questa era la sua maggiore dote e la sua unica virtù. Sul far della sera, quando si poteva uscire dalle caverne, portava un po' in giro le sue vecchie ossa. Aveva ancora un fisico ragguardevole nonostante avesse, dunque, pensava, poco più di trent'anni.
Vecchio, scartabile, il Presidente era molto alto. Aveva gli arti un po' filiformi a causa dei lunghi periodi d’inedia. La pelle era di un tono verdognolo e malsano ma da bambino, aveva avuto una carnagione olivastra, gli sembrava di ricordare. Gli occhi no, erano azzurri come lo erano quelli di sua madre e non erano quelli di un vecchio. I capelli invece sì: erano pochi, bianchi, lunghi. Nell'aria c'era odore di deserto, calore, nessun profumo. Nonostante il Presidente odiasse il deserto come niente altro al mondo, e non c'era niente altro al mondo, trovava che la notte avesse una sua selvaggia bellezza meritevole di essere contemplata. Purtroppo le risorse mentali dei coloni erano andate via via scemando con il tempo e quindi è più corretto dire che si fermava soltanto a guardarlo.
Ripensandoci, anche la parola deserto ha una serie di implicazioni. Il Presidente si fermava a riflettere spesso su questo punto perché non c'era niente di meglio da fare che riflettere. Deserto è dove tutto è uniforme, dove spariscono i colori, dove non c'è nulla. Ma noi ci siamo ed allora questo non può definirsi deserto; non siamo molto colorati, tuttavia, pensava. Lui li aveva visti i colori del mondo ed erano belli. L'importante, secondo lui, era evitare che quello che c'era fuori entrasse dentro di loro ancora di più; come una montagna argina la sabbia e devia il vento così loro dovevano mettere un freno a quella cosa che li circondava, che era estesa, infinita, invalicabile, mortifera. Dovevano fare la differenza e anche se nessuno se ne sarebbe accorto, loro stessi se ne sarebbero accorti ed avrebbero apprezzato. Il deserto finisce dove inizia la colonia. Il deserto è fuori non in mezzo a noi e nemmeno dentro di noi, pensava.
La parola anni
rimandava comunque ad una sola parola: vecchio. Nessuno sapeva più cosa gli anni fossero, men che meno le stagioni; la divisione del tempo non aveva più significato. Inoltre pensava ancora nella lingua di sua madre, che appunto le era propria. Forse un nome ce lo aveva avuto ma lo aveva dimenticato, qualcosa come brasiglio
o giù di lì. Quando i suoi genitori finirono in questa colonia tutti parlavano già hamuir. L'hamuir era la summa delle lingue di tutti i coloni; alcune parole sparivano, altre venivano pronunciate in maniera diversa con il passare del tempo ed altre ancora s'imponevano. Ogni volta che si aggiungevano altri coloni la lingua cambiava di nuovo. Chi imparava a parlare oggi non sarebbe riuscito a comunicare domani se fosse partito e ritornato. Qualcuno partì. Non ritornò nessuno.
Lui era cresciuto parlando quel linguaggio e non aveva trovato difficoltà ad apprenderne le sfumature ed i cambiamenti ma i suoi genitori furono emarginati dalla comunità per lungo tempo dopo il loro arrivo in quanto essi rappresentavano sia dei buffi stranieri dai vestiti ancora nuovi, sia due bocche in più da sfamare. Suo padre, del quale non ricordava quasi niente al di fuori di ciò che sua madre gli aveva raccontato, era a conoscenza di numerose abilità come ad esempio trasferire il pensiero da un uomo ad un altro senza la voce: egli poteva fare dei segni sulla pietra o sul legno, che altri avrebbero potuto interpretare, anche a grande distanza. Un quasi prodigio. Molti nel tempo passato facevano così e qualche segno risalente a quei tempi rimaneva su alcune vecchie superfici rigide, probabilmente appartenute ai fondatori della colonia. Anzi sicuramente appartenuti ad essi, a chi altri se no? Sua madre aveva usato alcune parole del tipo: Sapeva leggere ed apprese l'arte di riparare i corpi
. Non fu semplice per la colonia di quei tempi accettare che i corpi potessero essere riparati: anzi non fu accettato affatto. Riparare i corpi significava più vita e più vita più cibo necessario. Il Presidente, una volta toccato il fondo dei suoi ricordi, si alzò ed andò a raccogliere funghi nella piantagione sotterranea, poi li avrebbe tritati e divisi con tutti come sempre.
La sua idea più grande, da Presidente, fu quella di raccontare la storia. Quale storia? La loro storia (sua, loro, di tutti noi). Dato che lui era il più vecchio avrebbe raccontato la sua storia. Quindi la storia era lui: Quindi la storia sono io
, pensò. Per prima cosa aveva bisogno di tempo e dato che di fatto erano tutti una specie avanzata di morti che camminano, ne aveva pochissimo; poi aveva bisogno di parole perché la lingua hamuir si era degradata fino a contenerne poche decine e doveva inventarne delle altre, magari mescolandole o dare un significato diverso a quelle che c'erano già: doveva scomporle e ricomporle in nuovi neologismi che, ne era sicuro, i ragazzi avrebbero appresi e fatti propri magari inventandone anche altri. I giovani della colonia, ormai una sparuta ventina, non venivano mai fatti uscire dalle caverne: la loro esuberanza li avrebbe portati a correre e quindi a sudare, ma potevano ascoltare anche da sdraiati. Inoltre doveva parlare anche alle femmine, quindi doveva avvicinarli e magari permettere che si conoscessero. Non aveva idea di come fare a convincere di ciò gli adulti ma era pur sempre il Presidente e poi un tempo, diceva sua madre, gli uomini e le donne si guardavano e si parlavano: ora, non che si dovesse arrivare a tanto, ma il Presidente aveva l'onore e l'onere di dover parlare a tutti.
La colonia al tempo del Presidente era composta di centoventisei coloni, precisamente quasi, di cui una decina da scartare entro l'anno. La risorgiva che nutriva la poca vegetazione sotterranea si era ridotta e questo era quanto. In ogni direzione c’era un mare di sabbia e roccia, nessuna possibilità di muoversi per andare da qualche parte, nessuna vita, niente Maledetta Parola da nessuna parte. Ormai nessuno sapeva più come fossero arrivati qui, nemmeno lui. Non sapevano nemmeno dove fosse qui
. Il Presidente non era edotto del perché ma lui e tutti gli altri si ricordavano con precisione di un solo fatto accertato e tramandato: il nome del proprio pianeta, Terra anzi, La Terra, che però era fatta di sabbia portata dal calore del giorno ad una temperatura ferale.
Qualche tempo dopo il Presidente raccolse il frutto di estenuanti trattative. Molti avevano accettato più per stanchezza che per reale interesse. Le famiglie di Speedway e Frutta-Plus erano le uniche due rimaste contrarie ma furono messe in minoranza. Di lì a poco, senza dare adito a tentennamenti, il Presidente cominciò a parlare nel buio di una caverna tenendo la sua prima lezione e disse: Figli e più figli
(cioè fratelli ma non c'era questa parola, poi nessuno aveva mai fatto più di un figlio senza doversi scartare egli stesso) Credere coloni molto inutile detto tempo
(cioè credere coloni
stava per credete o pensate, voi – i coloni
: il verbo pensare non esisteva e non esisteva nessun altro essere che i coloni e la colonia in generale, quindi coloni e colonia erano paradigmi di tutto quanto). Molto inutile
si traduceva bene mentre la storia
è detto tempo
, detto
stava per racconto e tempo
stava per passato
. Il Presidente non sapeva se i giovani stessero ascoltando e se capissero. Aveva con sé la buffa scatolina uguale
(di un colore solo oppure uguale al sole, nessuno si ricorda con precisione) a cui era stata dato il nome di sole-uguale. Era una pietra liscia con piccoli segni tutti consumati con due rotondità su di un fianco. Era un cimelio dei fondatori o chi per loro. Quando il Presidente appoggiava un dito su di una rotondità usciva dalla sommità della scatolina una fioca luce che illuminava il niente che c'era dentro e fuori la caverna. Insomma aveva con sé il sole-uguale che era proprio del Presidente, e funzionava.
Parlava nel buio delle caverne, mentre fuori il sole scatenava il solito inferno. I ragazzi dovevano solamente ascoltare e respirare. Facevano già molto di più di quello che normalmente erano usi di fare.
E raccontò. Raccontò del suo arrivo nella colonia da piccolo e che suo padre morì dopo poco tempo. Che sua madre morì di sete quando accadde quello che accadde. Che il sole all'inizio non era quell'animale feroce che avevano imparato a temere. Che una volta gli avevano raccontato che la pioggia era realmente esistita ed erano esistite anche delle pozze molto grandi. Che c'erano stati animali grandi, piccoli e piccolissimi. Che la Terra era verde, non tutta ma la gran parte. Che la gente sapeva riparare i corpi perché nessuno voleva morire. Che quando qualcuno moriva era un fatto non bello e che, incredibilmente, continuava a cogliere di sorpresa i coloni di allora. Che i maschi e le femmine potevano decidere se fare un figlio e con chi. Che ognuno parlava una lingua diversa e tra di loro non si capivano. Che potevano correre anche soltanto per divertirsi. Che erano pieni di meccanismi ad energia e che l'energia veniva generata dal sole. Che erano tanti e si odiavano l'un l'altro per motivi che il Presidente ignorava.
Queste ed altre storie di sua madre venivano intervallate dalla frase in hamuir così io ho udito
( tak heouvi). Ad ogni lezione il Presidente lasciava la caverna allo stremo delle forze. A volte sveniva per la stanchezza e i ragazzi lo lasciavano dormire.
Gli adulti erano profondamente contrariati da queste lezioni del Presidente: erano contrarie ad ogni logica e quel che è peggio, ad ogni consuetudine. Lui era l'ultimo ad aver visto i fondatori e anche se le loro menti erano quasi completamente fuori uso a causa dell'ipossia, faceva comunque loro piacere che qualcuno ancora parlasse delle loro origini. Tuttavia, dare false speranze ai giovani era fermamente sbagliato. Non c'era niente qui. Né fuori né dentro la caverne. La rassegnazione era da tempo considerata la più alta forma di virtù anche perché nei fatti era la più utile.
Il tempo passava, questo era un dato scientifico, e sarebbe passato comunque, sia nell’inedia che nel ricordo. Perché accadde quello che accadde? E cosa accadde? Nessuno, nemmeno il Presidente lo ricordava. Nessuno, nemmeno il Presidente, lo sapeva. Così, per chiudere un ovvio sillogismo, il Presidente ebbe una scintilla delle sue: ricordare e sapere sono la stessa cosa e sarebbe sensato, infatti lo è, che il più vecchio diventasse il Presidente: ecco perché avevano scelto lui. Ma non solo, ogni notte in cui faceva la sua breve passeggiata, scottandosi un po’ i piedi, nuovi pensieri si allacciavano ai precedenti in una progressione lenta ma continua, in una serie di parziali illuminazioni che purtroppo doveva tenersi per sé vista la difficoltà intrinseca di comunicare. Quindi, secondo il Presidente, sarebbe sensato dire che il sapere, che nasce sia dall’esperienza che dal ricordo, dovrebbe stabilire il corretto ordine gerarchico nella colonia, cosa che in effetti avviene ma, dato che le provviste sono quelle che sono, i vecchi si scartano per lasciare il posto ai giovani, anche questo è sensato. Qual è il senso di un giorno in più di vita? Di quella vita? Se fosse stato un filo più capace avrebbe potuto elaborare anche il pensiero successivo: il ricordo, non l’esperienza, è quello che ci distingue dagli animali, ma non arrivò mai a concepire questo concetto, non avendone mai visto uno.
II
Luogo: Neogaluei, data: 18 septembre di un centesimo da concordare.
- Ma ti rendi conto dell'assurdità delle tue affermazioni?
- Siamo entrambi sulla stessa barca, perché il matto sarei io?
L'unico vero problema di questo periodo è che le tre stelle luminose che ci irradiano si sovrappongono e ci obbligano a stare immersi in un clima torrido per molti giorni, seguita da una temperatura assai più fredda con notti luminosissime per un paio di dias. È sempre stato così: viene chiamato il giorno dei corpi
perché dato il gran caldo le persone girano seminude seguito da il giorno dei corpi nascosti
perché improvvisamente si passa dall'indossare quasi niente ad abiti pesanti. I ricchi hanno sempre la stessa temperatura nelle loro abitazioni e quindi nemmeno conoscono questi modi di dire che appartengono alla tradizione. Certo, non si vedeva tanta gente in giro. Il caldo, ma anche la depre. Hai la depre tu, Pawl?
- Io? No.
Tu no, e neanche io. Ma il resto della popolazione ce l'ha. Era una malattia distribuita da quello che in alcuni scritti veniva chiamato regime
. Se da una parte c'è un regime, dall'altra c'è la depre. Malattia comune. C'è una soluzione per la depre? Sesso? No, troppo semplice. Cibo? No, non funziona. Farmaci. Anzi, IL farmaco. Solo che IL farmaco l'aumenta la depre così dopo qualche tempo è impossibile uscirne. I segnali sono evidenti: devi andare a scuola ma non ne hai voglia. Tua madre deve andare al lavoro ma non ne ha voglia. Dopo un po' ti rendi conto che non ne hai più voglia. Di cosa? Di niente. Non ne hai più voglia e basta. Alle ore dei pasti nemmeno cucini più, dormi solo quando crolli dal sonno, l'igiene personale viene dimenticata e così anche il bucato. Magari qualcuno con il camice bianco o con la divisa verde ti si avvicina e ti dà una fiala blu. La vuoi una mano? La diamo a tutti e funziona con tutti, funzionerà anche con te. E funziona, non nel modo che tu vorresti però. Io e Pawl c'eravamo andati vicino un sacco di volte. Lui era una persona importante e più di un tot non potevano insistere. A me invece avrebbero dovuto acchiapparmi per propormela ed io mi muovo troppo veloce per loro, modestamente.
Insomma, eravamo nel giorno dei corpi ed io e il mio amico ci stavamo sciogliendo mentre discutevamo sul fatto che, normalmente, le persone che vogliono fare qualcosa di male si nascondono. Ovvero si nascondono quelle che vogliono fare qualcosa di male. Che è la stessa cosa. L'unico vero problema è che non stiamo facendo nulla di male: perché stare nascosti? Cioè, se ci scoprono, ci scoprono in quanto nascosti. C'è un solo modo per farci scoprire, quello di stare nascosti. Come fai a scoprire qualcosa che non è nascosto? Quindi non dobbiamo stare nascosti, così non ci scopriranno mai!
Dice lui, che la sa lunga, che se scoprono quello che facciamo si arrabbiano e ci fucilano. Non come se commettessimo un reato, per quello si viene arrestati, giudicati e solo in determinati casi giustiziati. A noi, vista la particolarità del problema, ci fucilano seduta stante, a vista, così come siamo. E non è nemmeno un problema culturale: basta solo seguire la sedia a rotelle del professore. Lui la sa lunga e una sedia a rotelle va piano. Basta seguirla e siccome va piano è più facile da seguire. Non ci mandano nemmeno un professionista, basta un usciere governativo. Se andiamo a casa sua è ancora peggio: che ci fanno una decina di persone da un paralitico? Vuoi vedere che questo, al quale già gli abbiamo fatto fuori due gambe, continua ad insegnare?
Le strade, come dicevo, erano semideserte per via del problema detto poc'anzi. Il caldo ed anche il resto. Quando si esce di casa si va da qualche parte a fare qualcosa. È un dato di fatto. E che cosa mai avremmo voglia di fare là che non abbiamo voglia di fare qua? Niente. Ed allora, perché uscire? Portare i bambini da qualche parte? Doversi tirare a lucido? Smistare la corrispondenza? Come si fa quando i giorni sono così uguali uno all'altro? È dura. Così le strade rimangono deserte. Prima com’era? Prima quando? Mah, mentirei se dovessi dire che era molto diverso. Il sistema non funzionava neanche prima. L’idea di prima era più, come dire, lineare: si svolgeva tutta tramite il vecchio sistema p.c.c. ovvero produci, consuma, crepa
. Non era un cattivo modo di vivere, d’altronde le cose erano sempre andate così: uno nasce, lavora per mangiare, procrea e tira le cuoia. Suo figlio ricomincia da capo e così via. L’unica avvertenza è: non leggere libri (meglio, non saper leggere affatto) e non porsi domande. Era assai consigliabile anche: parlare pochissimo (meglio, non saper parlare affatto) e soprattutto l’unica cosa che contava davvero nonché regola aurea: alzarsi presto al mattino. Questo spiega perché io ero fregato in partenza.
Era più forte di me, me ne volevo tirare fuori ma non ci riuscivo e per giunta ho tirato dentro anche il mio amico che si scioglie di fronte a me. L'unico vero problema è che la storia, come dice il mio amico, che non so se l'ho detto ma la sa lunga, non è una sola: ce ne sono almeno due (forse di più ma le fonti scarseggiano). Ho sempre avuto il sospetto che ce ne fosse più di una ma almeno da cinquanta centesimi la storia è stata bandita dall'insegnamento e messa sotto indice in tutti gli oloprogrammi, canali informativi, videosuoni, ecc... Alla fine qualsiasi stupido che ti dice: Io so com’è andata
ti provoca un curiosità tale da superare quella di sapere cosa c'è sotto gli abiti di alcune modelle. È una reazione tipica: tu vieti qualcosa e tutti ne sentono il bisogno. Come la metamina. Da quando la vende il governo nessuno ne è più inorridito. Prima trovavi ad ogni angolo chi vendeva e chi comprava più un terzo che cercava di arrestare entrambi. Oggi non c'è più nessuno di questi. Che gusto c'è a comprare la droga e sentirsi dire: Ecco a lei grazie, desidera altro?
Io per esempio ho smesso di trattarla da allora. È diventata roba da bambini e basta: bella forza, gliela passano gratis a scuola. L'unico vero problema è che siamo finiti a farci raccontare la storia da gente che la sa, o gente che la sa perché l'ha studiata quando si poteva o gente che è figlia di quelli che ho detto. Gente skillata, mica bloodo. Certo, ce ne stiamo qui a chiacchierare, sciogliendoci, per niente. E pensare che fino a qualche anno fa facevo solo e soltanto progetti per arricchirmi. Questo governo ti procede sempre quando si tratta di crimine. Cioè tu fai qualcosa di illegale per soldi e lui te lo legalizza. Insomma, è concorrenza sleale!
- Te lo ricordi quando si facevano i soldi con il bloodo?
- A me faceva senso.
- Ma dai, senti che ipocrisia.
- Lo prendeva solo qualche mio amico.
- Ecco perché ti sono rimasto solo io.
Fare il bloodo era semplice, prendevi un paio di tizi che per soldi avrebbero fatto di tutto e li convincevi ad iniettarsi una dose di metamina cruda. Poi li mandavi in coma perché il dolore sarebbe stato troppo forte. Dopo un paio d'ore prelevavi loro un paio di litri di sangue, li svegliavi, li rifocillavi, li pagavi e li mandavi via. In un paio d'ore di non lavoro, avevi fatto quattro litri di metamina parzialmente metabolizzata. Li travasavi in fialette e li vendevi ad un prezzaccio. Se Deck il Terzo avesse saputo dirmi con esattezza il suo gruppo sanguigno prima di farmi fare una strage sarei ancora in affari.
Comunque più ne sai e più ne vuoi sapere. La storia è in tutto e per tutto uguale alla droga. Ma per la droga non si muore. Cioè, una volta, era la droga ad ucciderti, il governo ti arrestava e basta. Per la storia, se beccati, si viene fucilati sul posto. Quindi c'è un sacco di gente che vuole sapere la storia più di ogni altra cosa al mondo semplicemente perché è illegale ed altri pronti a qualsiasi cosa per vendere la tua pellaccia e guadagnarci su. Se andassi dal Servizio dicendo che ho sentito il mio amico dire che c’è un’altra porta da qualche parte lo prendono e lo fucilano. Poi mi pagano. Poi però mi torturano e muoio. È per questo che non lo faccio. La vita del delatore è uno schifo. Comunque il tizio sulla sedia a rotelle ci ha detto la seguente cosa: notare che l'ho imparata quasi a memoria (l'unica cosa che non possono leggere, la mia mente, almeno per ora).
Lezione del Professore sulla Sedia a Rotelle
Non è andata come speravamo. L'idea iniziale era travolgentemente audace, immantinentemente seducente, diametralmente geniale. Nessuno si ricorda come fu ma il nostro popolo trovò la forza e le risorse economiche per costruire prima una stazione spaziale abitativa di notevoli dimensioni ed autosufficiente, poi una stazione mineraria completamente ad energia solare, poi quello che sarebbe stato l'inizio della fine: un cantiere navale nello spazio! In orbita! Eh, sì, cari ragazzi: dal cantiere navale prima uscì una nave velocissima per l'epoca e di grande robustezza, nata per percorrere distanze che oggi sembrano enormi ma a quel tempo, e questo è il più grande dilemma, erano semplicemente infinite. Terminata la fase di costruzione della nave iniziò quella della prima delle due porte: una volta montata e funzionante fu smontata e caricata sulla nave. La nave prese il largo e viaggiò per lunghissimo tempo fino a che, giunta a destinazione, costruì la porta e la mise in funzione. Dall'altra parte la seconda porta era già stata costruita e fu allora che la nave attraversò la sua porta e fece ritorno al nostro pianeta. Il tempo necessario a fare questa operazione è ignoto ma facendo due calcoli vierne fuori qualche anno, ovvero un’infinità. Di questa storia sappiamo solo che è vera, con i distinguo del caso. Perché il nostro pianeta, a quei tempi attraversava un periodo di guerra civile che si sarebbe protratta per lunghissimo tempo. Dove trovarono le risorse per costruire tutte queste stazioni? Come fecero a mettersi d'accordo persone che si sparavano contro quotidianamente? Quanto tempo passò? Com'era ridotto il pianeta quando tornarono? Sono esattamente queste le domande a cui io proverò a dare una risposta.
- Professore, mi perdoni, ma questa è la storia dell'antichità di Shaazaan? Non ho mai sentito parlare di guerra civile - Dice uno con la mano alzata mentre alza la mano il che non ha senso.
- Shaazaan? Questo sasso nello spazio? E a chi importa di Shaazaan, il nostro pianeta si chiama Terra
anzi La Terra
ed è la fuori, dietro una porta che hanno spento perché nessuno lo trovi.
- Professore, mi perdoni di nuovo, lei mi sta dicendo che noi non proveniamo da questo pianeta?
- Esattamente.
Pawl mi guarda.
- Vedi Pawl, tu continui a sottovalutare il problema…
III
Luogo: spazio praticamente sconosciuto, data: adesso.
L'aria nel cubicolo si era fatta stantia, chissà da quanto tempo dormiva. Una volta usciti dalla porta si vedevano altri planetoidi più o meno prossimi ed era un vero spettacolo. C'era Giggant (pronunciato Ghigan con la nasale finale) che rifletteva la luce di due stelle minori chiamate Prima e Subprima.
- Il planetoide che vedi si chiama Giggant ed è l’unico raggiungibile di questo sistema.
- Giggant è un planetoide grande.
- …
- Dicevo: è grande, come planetoide.
- …
- È grande Giggant come planetoide?
- Ha un diametro di 3 milioni e 642 mila misure, ed una massa di…
- Ho capito, ma sono tante o poche?
- Non ho informazioni sufficienti.
- Perché gli altri planetoidi non sono stati mappati?ù
- Perché non c’è nessun altro planetoide raggiungibile con la nostra autonomia. Pertanto, questa porta non è attraversata da nessun veicolo commerciale.
- E Giggant?
- Non ho informazioni sufficienti.
Giggant era un ammasso di magma che emanava una splendido alone blu. Sì, sì, blu. L’azzurro è diverso. No, è proprio blu. Tyna avrebbe potuto guardarlo per ore ed infatti fu quello che fece, anche perché non c'erano alternative: un conto era vederli i pianeti più vicini ma arrivarci era tutto un altro paio di maniche. Il viaggio era rischioso, come tutti i viaggi, ma questo lo era particolarmente. Aveva fatto con Ivy la stima del carburante e se fosse riuscita a capitalizzare al massimo l'energia dei pannelli solari avrebbe potuto raggiungere almeno un planetoide. Se ci fosse riuscita sarebbe potuta diventare ricca o almeno benestante così da potersi permettere una navicella vera, con un equipaggio. Magari avrebbe potuto anche avere un patronato o forse più di un vascello, una piccola flotta di cargo. Così fantasticando, si era addormentata.
Il concetto di bellezza ha nel cosmo una serie di variabili che lo rendono il concetto più sfuggente di tutti, a parte la felicità ma questo è materia per un altro libro. La vita da schiava aveva ridotto una piccola e minuta bambina mora con i capelli a caschetto e gli occhi azzurri in un nanerottolo muscoloso pieno di cicatrici, curvo su se stesso ma sempre con gli stessi occhi azzurri e la stessa pettinatura. I capelli sulla stazione venivano rasati a zero ogni tre mesi con o senza il consenso della testa in questione. Le donne comunque avevano sempre un certo ascendente sugli uomini ma questo lo si apprendeva quando era possibile frequentare altre persone, uomini compresi. Uomini come Hugo. Quando invece cominci a lavorare nella stazione da adolescente, non hai la più pallida idea di cosa significhi essere donna, davvero, non hai la più pallida idea di cosa significhi essere. La schiavitù non c’era sempre stata sulla stazione. Quando Tyna era piccola i lavoratori andavano e venivano dal pianeta e si incontravano anche un sacco di facce nuove. Anche la parola schiavitù non venne mai usata realmente sulla stazione: prima il lavoro veniva chiamato lavoro, poi venne chiamato dovere. Ovvero, il primo motivo per cui un lavoratore lavorava, agli inizi, era la paga. Solo poi il lavoro venne scambiato con la vita. Quindi prima il lavoro in un certo senso era il presupposto della vita, fornendo il denaro necessario per campare, poi era la vita stessa. Soprattutto quando la schiavitù fu introdotta, le ore lavorative aumentarono a dismisura. Cominciarono da dodici tutti i giorni, poi scese a dieci per un paio di semplici motivi: il primo era che un lavoro logorante come quello avrebbe decimato gli schiavi, il secondo era che uno schiavo, dopo dodici ore, aveva un pessimo umore e tenerli tutti a bada avrebbe richiesto una legione di guardie, un disastro economico per la direzione. Quindi scesero a dieci, poi dopo alcuni centesimi si arrivò ad una specie di accordo sulle quantità contro una minore, meglio nessuna, presenza delle guardie armate nell’area di lavoro. Il Generale accettò senza battere ciglio, ma questa è un’altra storia.
Dopo qualche mese nello spazio ovvero in un ambiente con luce artificiale come quello di un cargo, l'orologio biologico tende a modificarsi sostanzialmente. Tyna consumava un pasto ogni qual volta ne sentiva il bisogno; era semplice, bastava iniettarsi una fiala nella giugulare tramite un apposito ago e aveva tutto ciò che le serviva: acqua, amminoacidi, vitamine, carboidrati, stimolanti; ad un prezzo davvero vantaggioso. Ovviamente