Seducente tentazione per il capo: Harmony Collezione
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Le conseguenze di quella travolgente passione non tardano a manifestarsi e potrebbero rovinare ogni cosa. Nico, infatti, non ha mai desiderato una famiglia e porta ancora su di sé le cicatrici della propria difficile infanzia. Riuscirà Aurora a infondergli il coraggio di rischiare il tutto e per tutto, almeno per una volta?
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Seducente tentazione per il capo - Carol Marinelli
successivo.
1
«Oggi Aurora sarà la mia ombra.»
Nico Caruso non alzò lo sguardo dal computer quando Marianna, la sua assistente, entrò nel suo lussuoso ufficio di Roma. Invece corrugò la fronte.
«Aurora Messina dell'hotel siciliano» spiegò Marianna, presumendo dall'espressione di Nico che fosse un nome che non conosceva.
Oh, ma la conosceva eccome.
Aurora Messina. Ventiquattro anni. Sei anni più giovane di lui.
Aurora Eloise Messina, con i vellutati occhi marroni e i folti capelli scuri. Aurora, con la pelle olivastra che diventava rosea al sole.
«Non ti ricordi di me, Nico?»
C'era una nota beffarda nella familiare voce roca, e portava con sé il profumo di casa. L'abito bianco a uncinetto doveva essere stato steso all'aperto, perché odorava di caldo sole siciliano, di brezza marina e del dolce profumo di gelsomino del giardino dei genitori.
«Che scortese esserti dimenticato di me» continuò Aurora, «considerato che hai dormito tante volte nel mio letto.»
Marianna inspirò di fronte all'insolente implicazione, ma Nico non fece una piega, rispondendo freddo: «Ah, ma mai con te dentro».
«Vero...» ammise Aurora con un sorriso.
Si era esercitata a non arrossire quando Nico era vicino, ma in quel momento fu difficile. Lo straordinario panorama di Roma alle sue spalle passava quasi inosservato, così come l'ambiente sontuoso, perché quel lunedì mattina Nico era più che sufficiente per i suoi sensi.
I folti capelli scuri erano tagliati alla perfezione e la mascella forte, con quella lieve fossetta al centro, era rasata così bene da farle pregustare il breve tocco quando avrebbero scambiato un lieve bacio sulla guancia.
Aurora girò intorno alla scrivania per salutarlo in modo appropriato. Dopotutto, si conoscevano da molto tempo.
Ma quando Nico alzò la mano per fermarla e i suoi occhi neri l'avvertirono di non avvicinarsi, Aurora indietreggiò come se fosse stata schiaffeggiata.
Sapeva di essere sfrontata, ma dopo aver riflettuto a lungo, aveva deciso di salutarlo come avrebbe fatto con qualunque vecchio amico.
Ma Nico non glielo permise e questo la ferì.
Cercò di non darlo a vedere.
«Siediti» le ordinò lui, poi si rivolse alla sua assistente. «Marianna, incominciamo. Abbiamo parecchio da fare.»
«Prima, però...» Invece di sedersi, Aurora tolse dalla spalla la grossa borsa di cuoio, tirò fuori una bottiglia di salsa di pomodoro e la posò sulla lucente scrivania di noce. Poi prese un'altra bottiglia. «Passata fatta in casa da mia madre» continuò, «e qui invece c'è del limoncello di mio padre.»
Nico guardò Marianna, che cercava di nascondere lo choc mentre Aurora trasformava in una bancarella la scrivania lucente. Poi spostò di nuovo gli occhi neri su Aurora. «Non ne ho bisogno.» Fece un gesto sprezzante con la mano. «Puoi riportarli via con te.»
«No!»
Aveva rifiutato il suo saluto. E ora questo!
Nico non agiva come avrebbe dovuto. Non diceva che gli mancava il gusto della salsa casalinga, non la invitava a condividere il piacere creato da quella salsa.
Non seguiva i codici inveterati di casa.
Del resto, ricordò, Nico non l'aveva mai fatto.
Perché, in tal caso, Aurora sarebbe stata sua moglie.
Aurora Eloise Caruso.
Da adolescente si era esercitata a scrivere quel nome nei suoi diari e a pronunciarlo ad alta voce. Ora arrossì leggermente, cercando di nascondere la collera. «Sai benissimo che la mia famiglia non mi avrebbe mai permesso di farti visita senza dei doni.»
«Questo è lavoro, non una visita» sbottò Nico. «Sei qui per cinque giorni per prepararti per l'apertura di un nuovo hotel. Non è un'occasione sociale. Ora, togli quelle cose dalla mia scrivania.»
Nico sapeva di essere duro, ma doveva usare quel tono... e non solo con Aurora. Il gruppo di Silibri era a Roma solo da diciotto ore ed era già stanco di tutti loro. Francesca, la direttrice regionale, aveva portato addirittura un salame e gliel'aveva lasciato al banco della reception. Pensava forse che non potesse trovare del salame a Roma? E Pino, che sarebbe stato il portiere capo del nuovo hotel, aveva trovato in qualche modo il suo numero privato. Nico immaginava che l'avesse avuto da Aurora. Una volta gliel'aveva dato.
Una volta...
Nico si rifiutava di pensare a quella volta.
Il fatto era che, al loro arrivo la sera prima, Pino l'aveva chiamato e gli aveva chiesto dove sarebbero andati a cena e a che ora li avrebbe raggiunti!
Nico aveva rifiutato con severità.
Il paese di Silibri era venuto a Roma e sembrava deciso a portargli un pizzico di casa.
Peccato che Nico cercava di fuggire da casa fin da quando aveva sedici anni.
Era la colpa o il dovere a trascinarlo sempre indietro?
In realtà, non lo sapeva.
«Toglile dalla mia scrivania, Aurora» ripeté. Era un avvertimento.
«Ma io non le voglio.» Aurora scosse la testa. «Devo comprare delle scarpe e ho bisogno di spazio nella mia valigia.» Lo fissò con gli occhi socchiusi. «Presumendo che mi sia permesso di fare spese nelle ore libere!»
Nico avrebbe quasi voluto sorridere del suo tono sarcastico, ma non lo fece.
Un sorriso.
Un bacio.
Sapeva benissimo che, combinati con Aurora, avrebbero causato un problema. Così ricambiò il suo sguardo astioso e sperò che avesse colto il messaggio velato nelle sue parole. «Quando non lavori, Aurora, non m'importa di ciò che fai.»
«Bene.»
«Per ora...» Nico indicò la scrivania, «possiamo liberarci di quelle cose e iniziare a lavorare? Siamo già in ritardo.»
«Le prendo io.»
Raramente Marianna si era lasciata turbare come in quel momento. Aurora aveva quell'effetto sulle persone.
«E prendo i campioni per la riunione...»
«Campioni?» domandò Nico.
«Oggi dobbiamo decidere per le uniformi di Silibri.»
«Decidere cosa?» Nico inspirò profondamente e cercò di non mostrare l'irritazione. Davvero? E da quando s'interessava di ordinare uniformi?
«A loro non piace il verde» rispose Marianna.
«Ma è lo stesso di tutti i miei hotel. Voglio continuità...» Si fermò, decidendo che avrebbe lasciato la questione per la riunione. Annuì a Marianna, che raccolse le bottiglie e, con la scrivania di Nico di nuovo in ordine, uscì. Ma, con sua grande sorpresa, Aurora non la seguì e invece si sedette. «Pensavo che dovessi essere l'ombra di Marianna.»
Aurora avvertì l'irritazione dietro il tono mellifluo e si affrettò a parlare. «Volevo avere un momento da sola per scusarmi di essere stata indiscreta. Scherzavo sulle volte in cui hai dormito a casa nostra.» Poi fece una smorfia perché, nonostante tutti i propri sforzi, non le era uscita bene. Non c'era proprio niente su cui scherzare. Suo padre era solito trovare il giovane Nico addormentato nel parco dopo essere stato picchiato dal padre e insisteva perché venisse a dormire a casa loro. Aurora si sarebbe trasferita in un letto preparato ai piedi di quello dei genitori e a Nico sarebbe stata data la sua stanza.
«Scuse accettate» rispose Nico, e tornò al suo documento di analisi contabile.
Ma era ancora in collera. Aurora lo sapeva ed era anche furiosa con se stessa, perché era stata così decisa a restare serena vedendolo.
Nico non la faceva sentire serena.
«Comunque...» continuò, dandogli un colpetto scherzoso con il piede sotto la scrivania. «Non siamo mai stati a letto insieme. Hai preso la mia verginità sul divano.»
Le mancò il fiato quando lui le afferrò la caviglia e la tenne stretta per un secondo. Quanto avrebbe voluto che le accarezzasse il polpaccio. Invece lui la sgridò.
«Non l'ho presa, Aurora. Me l'hai data. E anche molto volentieri.» Le lasciò andare il piede e l'allontanò volutamente. «In realtà, mi hai pregato.» Tornò al suo computer. «Ormai è tutto dimenticato.»
Bugiardo.
Per Nico, il sesso era necessario e frequente, anche se quasi sempre privo di coinvolgimento emotivo. Era sempre una faccenda tranquilla e controllata, che aveva luogo nella sua suite all'hotel, mai a casa sua. Niente in confronto con l'amplesso ardente e ansimante con Aurora.
Nulla avrebbe mai potuto reggere il confronto.
«Dimenticato?» domandò Aurora.
«È successo solo una volta e molto tempo fa.»
«Quattro anni, Nico.»
Sì, erano passati quattro anni da quella notte, e da allora lui ne pagava ancora il prezzo.
Quell'unico errore gli era costato milioni.
Decine di milioni, in realtà. Sebbene il costo di un nuovo hotel fosse preferibile a un'altra notte sotto il tetto dei Messina.
Non sollevò lo sguardo quando lei s'alzò e si diresse verso la finestra.
Era l'inferno.
Nico era consapevole di averla trattata in modo terribile. Non sarebbe mai dovuto andare a letto con lei.
Erano destinati a sposarsi. Naturalmente non avevano mai avuto voce in capitolo ma, mentre crescevano, era diventato un fatto accettato. La casa della nonna era stata lasciata al padre di Aurora, Bruno, che l'aveva tenuta per loro, perché vi abitassero dopo le nozze.
Nico non era riuscito a pensare a niente di peggio. Bloccato in quel dannato villaggio, a vivere di fronte ai suoceri e a lavorare tutto il giorno nei vigneti.
Aurora l'aveva presa bene quando lui le aveva spiegato che non si sarebbero mai sposati. Aveva riso e detto qualcosa di simile a Grazie al cielo.
Era stato il sole a farle brillare gli occhi, si disse Nico. Allora aveva sedici anni ed era una ragazzina pelle e ossa. Non la vedeva da anni.
Oh, ma quando l'aveva vista...
Le lanciò un'occhiata. Stava guardando verso la Città del Vaticano e, sebbene volesse tornare al suo computer, Nico non poté trattenersi dall'osservarla meglio.
Non c'era niente di più bello di una bella donna siciliana, pensò. Aveva occhi e capelli scuri, curve voluttuose che non avevano mai visto una palestra, tanto meno un bisturi o del silicone. Sotto il seno generoso, l'abito bianco era legato da una sottile cintura di cuoio. Non gli veniva in mente un'altra donna che potesse apparire così sexy con quel vestito. Avrebbe voluto slacciare quella cintura... scoprire quel seno e farla sedere sulle proprie ginocchia. Baciare quella bocca e darle un appropriato benvenuto a Roma.
Spostò lo sguardo sulle gambe nude. Erano perfette, con la carnagione olivastra e i polpacci tonici. Conosceva la stretta di quelle gambe.
Aurora era fuoco e doveva impedire che lo divorasse. Perché ciò che bramava nella vita era l'ordine.
Aurora sentiva il suo sguardo su di sé e le piaceva quella vaga sensazione che le serrava lo stomaco e la faceva infiammare. Naturalmente l'aveva visto dopo quella fatidica notte, ma dalla mattina seguente non erano mai più stati soli.
Adesso lo erano, per qualche minuto prezioso.
Si era esercitata tante volte nella mente e davanti allo specchio per quel momento e aveva giurato di controllarsi. Che cos'aveva fatto invece? L'aveva stuzzicato, cercando di suscitare una reazione in quell'uomo imperturbabile che l'aveva rovinata per chiunque altro.
Non che rimpiangesse di aver perso la verginità con lui. Quello non l'avrebbe mai fatto.
Tentò una conversazione più banale. «Mi piace Roma...»
«Bene.»
«Anche se l'amo la mattina presto. Stamattina sono andata in esplorazione...»
Nico tornò a fissare il monitor del computer.
«Mi sembrava di avere la città tutta per me. Be', non proprio...» Pensò ai caffè e ai mercati che si aprivano e agli spazzini che aveva incontrato durante quella passeggiata mattutina.