I ricordi di Thea: Harmony History
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Anteprima del libro
I ricordi di Thea - Elizabeth Rolls
Immagine di copertina:
Bruno Faganello
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Compromised Lady
Harlequin Historical
© 2007 Pamela Eldridge
Traduzione di Maria Grazia Bassissi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-261-6
1
«Perché mi richiama a casa dopo tutto questo tempo?» protestò Thea. «Io non voglio tornare a Londra.»
«Ho dei sospetti, ma preferisco tenerli per me.»
Miss Dorothea Winslow e suo fratello David erano nel salotto della zia. David era giunto nello Yorkshire inaspettato, con una notizia incredibile. Thea si strinse nello scialle. Venti minuti prima stava tranquillamente sferruzzando delle calze, con accanto una teiera colma. Adesso invece la pioggia che batteva contro le finestre sembrava penetrarle nelle ossa.
«Sono otto anni che mi tiene confinata qui. Non mi ha neppure permesso di venire al funerale della mamma. Gli serve la mia compagnia, adesso che invecchia?»
David sbuffò. «Parla di farti sposare.»
«Che cosa?»
«Al funerale della mamma, molti hanno chiesto di te, colpiti dal tuo lungo isolamento. Il tuo fidanzato è morto, ma puoi sempre sposare un altro uomo, dicono. Se qualcuno cominciasse a fare domande...»
Potrebbe inciampare nella verità.
David si alzò in piedi. «Papà teme le chiacchiere. È uno dei motivi per cui ti richiama a Londra. Se rifiuterai, sospenderà la tua rendita» concluse in tono cupo.
Thea serrò le labbra. «Posso restare con zia Maria.»
«Lei non oserà sfidarlo. Dipende dal suo sostegno finanziario.»
«Perché? Se resto qui...»
Gli occhi grigi di David erano duri. «Dice che hai avuto tutto il tempo di riprenderti dalla... delusione.»
Thea sussultò e la sua tazza si infranse sul pavimento. «Capisco. Otto anni sono un periodo adeguato per riprendersi da una delusione. Soprattutto se tale delusione non è mai esistita.»
«Maledizione! Credi che non abbia cercato di dissuaderlo?» David camminava su e giù, agitato.
Certo, ci sarebbero stati dei lati positivi. Musica, teatro, vestiti nuovi... Ma vivere di nuovo con il padre! «Immagino abbia trovato uno chaperon» azzardò.
«Andrai a stare da Lady Arnsworth.»
Sospirando di sollievo, lei raccolse i cocci. La zia avrebbe brontolato. Era il servizio buono.
Nel tardo pomeriggio preparò i bagagli mentre la zia, accanto al fuoco, piegava dei fazzoletti.
«Aberfield non ha il minimo scrupolo» disse la zia. Aveva le labbra strette e la schiena dritta come un fuso. «Mi auguro che il vostro senso del dovere nei confronti della famiglia sia migliorato, negli ultimi anni. Io ho fatto di tutto» concluse, poco convinta.
«Ma, zia...»
Maria Winslow alzò una mano. «Aberfield è vostro padre!» proclamò, neanche si riferisse a una divinità. «Non posso certo mettermi contro di lui.»
Senza denaro e senza casa, doveva per forza andare a Londra. Thea avvolse nella velina il suo vestito migliore, di seta grigio tortora, e lo adagiò nel baule. Probabilmente a Londra non l’avrebbe più messo. Lì l’aveva indossato il giorno prima per ricevere la moglie del vicario, rimpiangendo di non averne uno più grazioso, magari rosa, invece del solito grigio. Ora invece rappresentava la sicurezza, l’anonimato. Ciò che stava per perdere.
Thea sedeva impettita in carrozza, ignorando il libro aperto sulle ginocchia. Di fronte a lei, David leggeva il giornale.
«Ho riflettuto, David.»
Lui alzò gli occhi e sorrise. «Ecco perché è mezz’ora che non volti pagina.»
«Non credo che papà mi voglia a Londra per sempre, neppure presso Lady Arnsworth.»
«Conta sul tuo matrimonio, infatti.»
Lei si rigirò i guanti tra le dita. «Può costringermi a vivere a Londra, ma non a sposarmi. E se non sarò maritata entro qualche mese, be’, capirà.»
«Indipendentemente dai maneggi di papà, non vorresti trovare qualcuno da amare e che ti ricambi?» Chinandosi in avanti, David mise una mano sulla sua.
Thea si scostò di scatto, turbata da quel contatto inatteso.
Lentamente, David si tirò indietro, lo sguardo cupo.
«Mi auguro proprio di no» rispose lei dopo un po’.
«Richard, cos’avete per la testa? Settantamila sterline! Figuratevi la fila di pretendenti. Mentre io mi davo tanto da fare, voi dov’eravate? Nel Kent!»
Richard ascoltò pazientemente la tirata di Almeria Arnsworth. Negli ultimi mesi, con le debite variazioni, la stessa scena si era ripetuta diverse volte.
«Vi avevo scritto, spiegandovi l’urgenza del caso, e adesso quella benedetta ragazza si è già fidanzata.»
Elevando una silenziosa preghiera di ringraziamento, Richard cambiò posizione sulla poltroncina dorata in stile egizio, più adatta a una fragile figura femminile che a un uomo della sua statura imponente. Lanciò un’occhiata nostalgica alle bottiglie, sulla mensola sorretta da due sfingi. Il tè non era la bevanda adatta alla circostanza, e poi zia Almeria ci aveva messo zucchero e panna. Disgraziatamente non poteva versare il contenuto della tazza nella fioriera e servirsi il brandy della contessa, vedova di Arnsworth, nonostante fosse sua zia e sua madrina.
Il tè dolce e le buone maniere non contribuivano a rinvigorire un uomo il cui celibato era sotto assedio. Il recente fidanzamento dell’ennesima ereditiera con un uomo che non era lui aveva mandato in crisi Almeria.
«Dato che non erediterete il titolo di conte a causa dello scellerato matrimonio di Max» proseguì la zia, «dovrete pur sistemarvi e...»
«No! Io non ho bisogno di denaro quindi non devo sposare una donna ricca. Inoltre sono felicissimo per Max. È al settimo cielo, lo sapete anche voi.»
Almeria gli lanciò un’occhiata tempestosa. «Non si è neppure fatto vedere in città, quest’anno» sbottò.
Lui strinse i denti. «Verity avrà presto il bambino e Max è voluto restare con lei. Braybrook ha promesso d’informarlo su ciò che accade in Parlamento. Se sarà necessario verrà a Londra.»
«Richard, è vostro dovere sposarvi!»
Il nipote trasecolò: il dovere era riservato ai primogeniti maschi. «Dovere verso chi, di grazia?»
«Verso il casato» decretò sua zia.
Richard la guardò a bocca aperta. Con due fratelli fra lui e il titolo non si era mai aspettato di ereditare né lo aveva desiderato. Anche perché ciò avrebbe significato la morte di Frederick e di Max. Lasciando perdere il tè sciropposo, andò zoppicando a versarsi del brandy, sotto lo sguardo critico di Almeria.
Rimettendosi a sedere, disse in tono calmo: «Zia, la morte di Frederick è stata una disgrazia. Non potete temere che accada anche a Max. Inoltre è sposato e Verity sta per dare alla luce il primo figlio. Perché diavolo dovrebbe essere mio dovere prendere moglie?».
«E se fosse una femmina?» ribatté Almeria, speranzosa. «C’è da aspettarselo da quella sfacciata.»
Richard serrò i denti. «Verity non è una sfacciata.»
Almeria assunse un’aria imbarazzata. «D’accordo. Eppure, Richard, l’erede potrebbe non arrivare.»
In effetti, dato il terrore di Max per la gravidanza di Verity, era possibile che avesse fatto voto di celibato perpetuo. E il parto era pur sempre un rischio.
Infatti Almeria proseguì: «Non si sa mai come va a finire un parto... Siete irragionevole».
Richard esplose: «Max è il mio gemello e voglio bene a lui e a Verity. Non vi aspetterete che io desideri vederla morire di parto?».
Notò soddisfatto che la gentildonna arrossiva.
«Inoltre io intendo sposarmi.»
La zia sbatté le palpebre. «Quest’anno c’erano diverse fanciulle adatte, ma si sono fidanzate tutte mentre voi stavate rintanato nel Kent. Chi sposerete?»
«Non ne ho idea. So solo che non sono a caccia di un’ereditiera. E poi conoscete Max. In men che non si dica avrà una sfilza di maschi a sua immagine e somiglianza.» Notando il viso paonazzo di Almeria, lui proseguì spietato: «Voglio dire che stavolta non ci ha messo molto. Sono passati appena nove mesi».
L’occhiata della zia avrebbe incenerito un drago. «Questo è un argomento di conversazione inaccettabile. Se aveste il minimo riguardo per chi ha a cuore...» Si interruppe. «Basta così. Dove alloggerete?»
Richard sentì uno strano formicolio alla nuca. «Per il momento sono ospite di Braybrook, ma siccome mi tratterrò alcune settimane credo che affitterò qualcosa.» Non voleva dirle che oltre alla tenuta nel Kent aveva acquistato anche una casa in città. Ad Almeria sarebbero venute le convulsioni. Secondo lei Bloomsbury non era l’indirizzo giusto per un gentiluomo.
«E parteciperete alla stagione mondana?»
«Sì» ammise Richard.
«Allora sarà meglio che siate mio ospite.»
Richard si irrigidì. «Qui?»
«Naturale. Andare a stare in affitto!» esclamò la donna con disgusto. «Che idea! Starete qui.»
Lui avrebbe preferito un appartamentino per conto proprio. Conoscendo bene Almeria, capiva che aveva in mente qualcosa. D’altronde, stando con lei avrebbe potuto farle cambiare idea circa Max e Verity. Se fosse riuscito a convincerla che non ci teneva affatto a diventare conte, forse la zia avrebbe accettato la moglie di Max. E se per raggiungere quel traguardo doveva passare un po’ di tempo ad Arnsworth House...
Trasse un respiro profondo. «Molto generoso da parte vostra. Prometto che non vi disturberò.»
«Lo so. Cenerete in casa stasera?»
Richard scosse la testa. «No, sono già impegnato con Braybrook. Tra poco andrò da lui e manderò qui il mio cameriere con i bagagli, se siete d’accordo.»
Lady Arnsworth sembrava un gatto davanti a una scodella di panna. «Myles vi darà una chiave.»
Richard era sempre più insospettito. «Grazie.»
«Sciocchezze» lo liquidò la gentildonna. «A proposito, sapete che farò da chaperon a Thea Winslow?»
«Thea? Non si è sposata diversi anni fa?»
Almeria sbarrò gli occhi. «Buon Dio, no. Una storia così triste... Ricordate, vero, che era fidanzata con il minore dei Chasewater?»
Richard se ne ricordava fin troppo bene. Appena sedicenne, Thea Winslow era stata fidanzata con l’onorevole Nigel Lallerton, terzogenito del Conte di Chasewater. Essendo destinato alla carriera politica, Lallerton aveva bisogno di una moglie ricca come lei, ma poi era morto in un incidente di caccia.
«Pensavo che avesse superato il dispiacere e si fosse sposata.» Richard era stato qualche anno all’estero e non aveva più avuto notizie di Thea.
Almeria si leccò – metaforicamente – i baffi. «Purtroppo no. Una prova di devozione commovente! Oh, la capisco, ma Lallerton è morto ormai da otto anni.»
Lui ricordava che Thea si era ritirata in campagna dopo la morte del fidanzato e che Nigel Lallerton era un borioso arrogante... Bah, era morto. E forse Thea aveva scoperto i suoi lati buoni.
Sua zia riprese: «Non può portare il lutto per sempre e Aberfield ritiene che sia giunto il tempo...».
Per Richard fu facile completare mentalmente la frase. Thea Winslow non poteva permettersi di seppellire il proprio cuore insieme al fidanzato. Le ambizioni politiche di suo padre prevedevano che si sposasse.
«Dorothea non può sprecare la sua vita solo a causa della morte prematura di Nigel» concluse Almeria.
Il suo tono leggero gli causò un nuovo formicolio.
Il sospiro di Almeria avrebbe raggiunto l’ultima fila del Drury Lane. «Aberfield desidera per lei un buon matrimonio. A ventiquattro anni Dorothea sarà un po’ sfiorita, eppure credo che riceverà qualche proposta.»
Il formicolio si accentuò. «State pensando a me?»
La zia sgranò gli occhi. «Oh, Richard, siete il mio nipote preferito, ma temo che Aberfield non vedrebbe di buon occhio un vostro corteggiamento.»
Lui impallidì. «Non mi ero reso conto...»
«Naturalmente no!» si infervorò Almeria. «Certo, quando Aberfield mi ha chiesto di fare da chaperon a Thea, ho subito pensato a voi. Eravate buoni amici.»
«Sì, ma Thea era una bambina» le ricordò lui. «Non pensavo a lei come a una possibile moglie.»
«Comunque sia, Aberfield sta già tastando il terreno. Vuole un’alleanza politica con un uomo potente.»
«Molto abile» mormorò lui. Dunque Thea sarebbe stata di nuovo al servizio dell’ambizione del padre.
Ignorando il suo sarcasmo, Almeria elencò gli uomini che potevano aspirare alla figlia di un visconte potente. «Lei arriva dopo pranzo e devo essere pronta» gli annunciò.
Interessante. Aberfield House era dall’altra parte della piazza. Forse Thea sarebbe venuta in visita...
In otto anni, Aberfield House non era cambiata affatto. Carnely, il maggiordomo, aveva qualche ruga in più, ma a parte quello era come fare un salto indietro nel tempo. Guardandosi allo specchio dell’atrio, Thea notò che il proprio abito era stazzonato. Avrebbe preferito cambiarsi, ma il padre aveva insistito per vederla subito. Meglio togliersi il dente. Aberfield avrebbe trovato comunque da ridire sul suo aspetto. Eppure, se la casa era rimasta tale e quale, la fanciulla disperata partita da lì otto anni prima era scomparsa.
Tenendo gli occhi bassi, entrò in biblioteca.
Suo padre era davanti al camino, un piede bendato posato su uno sgabello. Gotta. Intrattabile, dunque.
David l’accompagnò a una sedia, le sorrise e lanciò un’occhiata severa al padre.
«Buon pomeriggio, signore» esordì Thea.
Aberfield guardò torvo il figlio. «Ve la siete presa comoda.»
«La prossima volta userò dei cavalli alati.»
«Sedetevi» ordinò Aberfield alla figlia. «Non posso perdere tutta la giornata. E voi» aggiunse rivolto a David, «aspettate fuori. Non avete altro da fare qui.»
«Io resto.» Gli occhi di David mandavano lampi.
«Vi siete immischiato fin troppo, scrivendo quelle dannate lettere.»
Il giovane assunse un’aria soddisfatta. «Ah, ci sono! Prima di morire lui ha avuto le mie lettere.»
«Fuori!» ripeté Aberfield con furia repressa.
«Andate all’inferno, signore.»
Thea sbatté le palpebre. Non ci capiva nulla.
Incapace di reggere la sfida con l’unico figlio ed erede, Aberfield si rivolse a Thea. «Non assumete quell’aria ipocrita. Non mi ingannate. So che voi...»
«Basta!» gli intimò David.
Aberfield divenne paonazzo. «Immagino sappiate perché vi ho mandato a chiamare» disse alla figlia.
«No.»
«Vi ha detto almeno che starete da Lady Arnsworth per la stagione mondana?» chiese suo padre, irritato.
«Sì, ma non capisco perché.»
«Dio solo sa cos’ho fatto per trovarmi addosso un peso come voi!» Aberfield prese dei fogli e glieli mise in mano. «Leggete questi. Ah! Lo sciocco sapeva tutto, ma è bastata qualche frottola inventata da...»
«Ho fatto ciò che ritenevo giusto» interloquì David.
Aberfield si gonfiò come un piccione, ma riuscì a controllarsi. «Accidenti a voi! Perdiana, Dorothea, se dovete sposarvi, lo farete con chi dico io!» sbottò.
Thea incontrò lo sguardo del fratello, che scosse la testa con aria contrita.
«Leggi» la sollecitò dolcemente David.
Lei si sforzò di dominare il tremito che la scuoteva. Il primo documento, di uno studio legale di Londra, informava Lord Aberfield della morte del cognato, Theodore James Kirkcudbright. Thea si morse il labbro. Zio Theo era stato il suo padrino e lei la sua erede. Un tempo. Continuò a leggere. Gli avvocati allegavano una copia dell’ultimo testamento del defunto, molto diverso dal precedente. C’erano anche due lettere di Mr. Kirkcudbright, una indirizzata al Visconte di Aberfield, l’altra alla figlioccia, Dorothea Sophie Winslow. Perplessa, lei prese la lettera dello zio. L’ultima volta le aveva scritto otto anni prima per esprimerle la propria delusione...
Mia cara Dorothea,
quando leggerete questa lettera sarò morto e sepolto e posso solo pregare che vostro fratello non sia stato sviato dall’affetto che ha per voi quando mi ha messo al corrente della vostra innocenza nella faccenda di cui vostro padre mi scrisse anni fa. Rinominandovi come mia erede, ho stabilito uno stretto controllo sulla vostra eredità, in modo che non possiate più cadere in tentazione. Non intendo premiare una trasgressione, bensì dimostrare la mia fiducia e concedervi l’opportunità di redimervi con un buon matrimonio.
Il vostro affezionato zio e padrino,
Theodore Kirkcudbright
David l’aveva convinto della sua innocenza.
Thea prese l’altra lettera. «È per voi, signore» esitò.
«Leggetela!» sbraitò suo padre. «Idiota! Gli avevo detto come eravate... e lui ha fatto questo!»
Tremante, Thea lesse la lettera e si accigliò. Avrebbe ricevuto duecento sterline l’anno? Dai venticinque ai trent’anni, a meno che non si fosse sposata nel frattempo con il consenso del padre, dopodiché avrebbe potuto disporre dell’intero patrimonio. Zio Theo aveva saputo dal nipote che la colpa non era stata tutta di lei... e l’atteggiamento di Aberfield... Lanciò un’occhiata al padre. Sembrava sul punto di scoppiare.
Duecento sterline l’anno. Avrebbe compiuto venticinque anni di lì a tre mesi. Sarebbe stata libera, indipendente. E dopo i trent’anni?
Passò al testamento. A parte qualche lascito, il patrimonio andava a lei. Al compimento dei trent’anni, la rendita le sarebbe spettata per intero.
Stordita, incontrò lo sguardo fosco del padre.
«Theodore sapeva tutto. E alla fine ha cambiato lo stesso il testamento. Adesso dovete sposarvi.»
«Solo se Thea lo desidera» puntualizzò David.
«Cinquantamila sterline sono un’esca non da poco.»
«Cinquantamila?» ripeté Thea, stupefatta.
Lord Aberfield sbuffò. «Più o meno. In un fondo vincolato. Grazie a Dio, Theodore non si era bevuto del tutto il cervello. State certa che non ne riceverete più di duecento, se vi sposerete senza permesso.»
Duecento sterline fino ai trent’anni. Di lì a tre mesi sarebbe stata ricca e indipendente. Doveva solo