Riflessioni filologiche
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Anteprima del libro
Riflessioni filologiche - Fausta Genziana Le Piane
633/1941.
PREMESSA. La parola ed io
Sono una filologa mancata. Non solo ho sostenuto all’Università, nell’ambito del curriculum dei miei studi di Lingue e Letterature Straniere Moderne (Specializzazione in francese) tre annualità di Filologia Romanza, ma, dopo la laurea, avevo pronta la domanda di iscrizione al Corso di specializzazione in Filologia moderna. Impegni famigliari mi hanno costretta a rinunciare. Ma l’amore per la parola è rimasto e si è trasformato in amore per la poesia. E come poteva essere diversamente dopo aver studiato i Trovatori e i Trovieri?
Della parola – nucleo essenziale – mi interessa tutto: l’etimologia prima di tutto, poi la storia, l’evoluzione nel corso dei secoli, le varianti di significato, i cambiamenti, i contesti, l’uso della lingua parlata, oppure di quella letteraria.
Qui ho raccolto tre piccoli studi che vanno in questa direzione, il primo è un una poesia forse tra le meno conosciute di Arthur Rimbaud, Les effarés (Gli stupefatti), la seconda, la celebre poesia di Charles Baudelaire dal titolo Correspondances e l’ultima un testo in francese antico. Ho completato l’analisi con una breve biografia degli autori presentati.
Fausta Genziana Le Piane
LES EFFARES
¹
Noirs dans la neige et dans la brume,
Au grand soupirail qui s’allume,
Leurs culs en rond,
A genoux, cinq petits, - misère!
Regardent le Boulanger faire
Le lourd pain blond.
Ils voient le fort bras blanc qui tourne
La pâte grise et qui l’enfourne
Dans un trou clair.
Ils écoutent le bon pain cuire.
Le Boulanger au gras sourire
Grogne un vieil air.
Ils sont blottis, pas un ne bouge,
Au souffle du soupirail rouge
Chaud comme un sein.
Quand pour quelque médianoche,
Façonné comme une brioche
On sort le pain,
Quand, sous les poutres enfumées,
Chantent les croûtes parfumées
Et les grillons,
Que ce trou chaud souffle la vie,
Ils ont leur âme si ravie
Sous leurs haillons,
Ils se ressentent si bien vivre,
Les pauvres Jésus pleins de givre,
Qu’ils sont là tous,
Collant leurs petits museaux roses
Au treillage, grognant des choses
Entre les trous,
Tout bêtes, faisant leurs prières
Et repliés vers ces lumières
Du ciel rouvert,
Si fort, qu’ils crèvent leur culotte
Et que leur chemise tremblotte
Au vent d’hiver.
Collant leurs petits museaux roses
Au treillage, grognant des choses
Entre les trous,
Tout bêtes, faisant leurs prières
Et repliés vers ces lumières
Du ciel rouvert,
Si fort, qu’ils crevent leur culotte
Et que leur chemise tremblotte
Au vent d’hiver.
GLI STUPEFATTI
²
Neri nella neve e nella nebbia,
al grande spiraglio che s’accende,
culetti in cerchio,
in ginocchio cinque piccini - miseria! -
guardano il Fornaio fare
il pesante pane biondo.
Vedono il forte braccio bianco che volta
la pasta grigia e che l’inforna
in un buco chiaro.
Ascoltano il buon pane cuocere.
Il Fornaio dal grasso sorriso
borbotta un vecchio motivo.
Son tutti insieme rannicchiati, non uno si muove.
al soffio dello spiraglio rosso
caldo come un seno.
Quando per chissà quale festino notturno,
a forma di focaccia
si sforna il pane,
quando sotto le travi affumicate,
cantano le croste profumate
e i grilli,
e quel buco caldo porta la vita,
essi hanno l’anima così estasiata
sotto quei cenci,
si sentono talmente vivere
i poveri Gesù Cristi pieni di nevischio,
che son tutti là,
coi loro musetti rosa incollati
all’inferriata borbottando delle cose
tra i buchi,
completamente istupiditi, dicendo le loro preghiere
e piegati verso quelle luci
del cielo riaperto,
così forte che spaccano i loro calzoncini
e che la loro camicia tremola
al vento invernale.
Questa poesia è stata scritta nel 1870, quando Rimbaud aveva sedici anni. Le altre poesie di quest’anno sono state condannate dal Poeta, che decide di accettare solo questa e di farla inviare a Verlaine.
In questo testo, il poeta riconosce esserci una parte di sé stesso. D’altronde, l’aggettivo effaré è caro a Rimbaud che lo usa tantissimo in questo periodo.
Non sembri inutile cominciare dall’esame del titolo: esso ne rappresenta la sostanza.
Effaré è un rifacimento dal latino ferus, efferare che significa feroce, rendere selvaggio.
Per il Littré : Qui est dans un grand trouble moral visible sur le visage
³.
Questo sostantivo esprime quindi sia lo stato d’animo dei bambini che la posizione estatica di essi di fronte al miracolo del pane che si compie. Ciò è confermato nel testo dal sostantivo.
Dal punto di vista formale, la poesia è formata da 36 versi, divisi in sei periodi sintattici dei quali il primo è composto dalle prime due terzine unite da una virgola; il secondo dai successivi tre versi; il terzo da un solo verso; il quarto dai due versi che completano la quarta terzina; il quinto ancora da una sola terzina, la quinta. E’ da notare che questi ultimi tre periodi sintattici sono tre frasi identiche: ognuna è costituita da un soggetto, da un verbo e da un complemento oggetto, che, nella sintassi francese, rappresentano lo schema base. Infine, il sesto ed ultimo periodo che è formato dai rimanenti 21 versi, sette terzine legate tra loro dalla punteggiatura, ma che ripetono l’impostazione precedente: