Come divenni brigante
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Anteprima del libro
Come divenni brigante - Carmine Crocco
Come divenni brigante
Autobiografia
di
Carmine Crocco (Donatelli)
Sommario
Presentazione
Capitolo I - L'infanzia
Capitolo II – Il primo delitto
Capitolo III – Brigante politico
Capitolo IV – Generale dei briganti
Capitolo V – Con Borjès
Capitolo VI – Attacchi isolati
Capitolo VII – La fuga e la prigionia
Capitolo VIII - Conclusione
Presentazione
Considerato uno dei briganti più rappresentativi dell'epopea risorgimentale, Carmine Crocco nacque nel 1830 a Rionero in Vulture, da Francesco, di mestiere pastore, e Maria Gerarda Santomauro, massaia. Secondo di cinque figli, dotato di un fisico prestante e di una vivissima intelligenza, lavorò dapprima come pastore, quindi come contadino (quando fu costretto a mantenere la famiglia), indi dovette arruolarsi nell'esercito di Ferdinando II. L'esperienza militare durò 4 anni, quando si diede alla macchia dopo aver ucciso un commilitone.
Diventato brigante, in pochi anni arrivò a comandare un esercito di circa 2000 uomini, costituito per lo più da braccianti agricoli, pastori, contadini, sellai. La fama e la spietatezza che lo contraddistinsero lo fecero assurgere ad uno dei più temibili fuorilegge del periodo post-unitario; a lungo ricercato, su di lui venne messa una taglia di 20.000 lire.
Il Napoleone dei Briganti
(fu uno dei suoi soprannomi) dopo la diserzione dall'esercito borbonico si mise anche al servizio di Garibaldi, ma successivamente si allineò con la resistenza borbonica, per poi proseguire l'attività di brigantaggio per conto proprio. Lo caratterizzava una innegabile ed imprevedibile capacità tattica, che lo collocava su un piano superiore rispetto agli altri briganti, al punto da essere tenuto in alta considerazione dagli stessi militari sabaudi.
Dopo l'arresto (1864) e la condanna all'ergastolo da scontarsi nel carcere di Portoferraio redasse le sue memorie, che ben presto divennero notissime in tutto il regno. Pur essendo dotato di una buona capacità nell'uso della parola parlata e scritta, queste memorie furono revisionate dal capitano Eugenio Massa, che ne migliorò il manoscritto.
Al racconto delle sue gesta egli riserva gran parte dell'autobiografia, nella quale ricorda i tanti personaggi di cui si circondò, esaltati per la temerarietà ed il senso di disciplina, caratteristiche che il più delle volte mancavano ai briganti. Vengono rievocati i saccheggi nei quali dimostrò una violenza senza limiti, al punto che la ferocia che espresse non risparmiò neppure i bambini.
Morì a Portoferraio nel 1905, all'età di 75 anni. In una intervista che rilasciò poco prima di morire espresse il pentimento per il proprio passato. Le recenti tesi revisioniste ne hanno rivalutato la figura, trasformandolo da volgare assassino ad eroe popolare.
Federico Adamoli
Capitolo I - L'infanzia
Ilgiorno27marzodei1889dalbagnodiS.Stefano,ovescontolamiapena, comincio a scrivere