Storie Del Lago Fucino
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Anteprima del libro
Storie Del Lago Fucino - Antonio Insardi
L'Autore
L’AGONIA DI UN LAGO
Da secoli il sole si specchiava / nelle sue chiare e verdi acqua.
La luna, la sera, accompagnava / gli amanti che s'incontravano
Sulle sue rive in un tenero abbraccio / o in una romantica attraversata
In barca uniti nell'intimità / del loro amore e della loro felicità.
Il pelo dell'acqua mossa dal vento / di tramontana o dal caldo zefiro
Dava riflessi d'argento d'incanto / alle sue piccole onde in movimento.
A volte, era acqua crudele che, / senza pietà, ghermiva le prede
E sul fondo argilloso le seppelliva. / Durante i rovesci di piogge costanti
E di piene furiose il livello saliva / e allagava le case e i campi già lavorati
E pronti al raccolto che l'acqua impetuosa / distruggeva con dolo profondo
Del contadino che fiducioso già / attendeva il suo pane del giorno.
La laguna era chiusa nel suo cerchio naturale / senza avere uno sbocco, un emissario
Per scaricare altrove l'acqua superflua / che gli immissari e le piogge gli regalavano,
Lasciando così costante il livello primiero. / Per questo suo fallo il lago dolente
Fu condannato a una lenta agonia / perdendo ogni giorno un po' di se stesso
In un collettore artificiale nel suo grembo / che convogliava le sue verdi acque
In un sistema di scolo e deflusso / fino alla sua ultima goccia lasciando che il sole
Baciasse non più le sue fresche acque / ma l'umida terra emersa in quell'immensa distesa,
Senza più pericolo d'allagamento e più dolo, / fertile e grassa al contadino il pane donò.
Dalla sua morte nacque la vita per più di mille. / Non più la barca solca i piccoli flutti,
Ma con l'aratro che va nel profondo / per dare dimora al piccolo seme
Già pronto a morire in quella terra / per dare all'uomo il suo pane del giorno.
Prosciugamento a più riprese del Lago Fucino – dagli anni 50 al 1850 – Antonio Insardi
UNA NOTA DELL’AUTORE
In questo racconto: Storie Del Lago Fucino
, ho cercato di riportare a nuova vita le storie dimenticate di un lago che millenni prima era stato anche l'orgoglio della zona, quando lontano nel passato fino alla preistoria, all'ultima glaciazione che da noi occupava sia il versante nord del gruppo del Velino che il versante sud dell'Acerreta.
Lo scioglimento dei ghiacci si riversò nella sottostante conca ti tipo argillosa che si riempì d'acqua creando una laguna meravigliosa che veniva giornalmente alimentata dagli immissari che scendevano dalle montagne e le acque poi trasbordavano verso la zona di Cesolino dove c'era la ' foce ', - zona chiamata 'Pucetta', nome disformato col tempo di 'Focetta', ultimo rione di Avezzano, nella zona ovest della città, sotto il monte Salviano. Era il suo emissario naturale attraverso il quale, o nella sua irruenza o lento e calmo, raggiungeva i fiumi della zona, la Nera, il Velino e il Salto, i quali nel loro scorrere si versavano nell'Aniene e poi nel Tevere che le depositava nel mar Tirreno ; oppure trovando l'altro sbocco l'acqua del lago scendeva verso i Piani Patentini e si versava nel fiume Liri che attraversa tutto il Lazio, poi cambia nome diventa il Garigliano, anche lui raggiunge il Tirreno un po' più a sud del Tevere.
Il periodo dell'ultima glaciazione riguarda anche la presenza dell'uomo sulla Terra e quindi riguarda il periodo della vita del genere umano che precede i tempi per i quali abbiamo documenti storici. Il complesso delle cognizioni intorno alla vita dell'uomo di tale epoca che si è potuto ricostruire e documentare attraverso i reperti dell'archeologia che ci hanno permesso di studiare le antichità in rapporto alla storia e anche all'arte.
Il lago si trovava in questa zona dell'Abruzzo di allora che si chiamava Marsia – oggi Marsica -. Era già abitato nei millenni della preistoria, quando le alternanze climatiche rendevano inospitale le aree montuose dell'interno. Le principali testimonianze della presenza umana del periodo Paleolitico, provengono da stazioni situate nelle vallate aperte verso il mare. Poi, l'avvento del periodo Neolitico appare contrassegnato da una graduale trasformazione della primitiva economia di caccia, pesca e raccolta. Comincia a svilupparsi l'attività agricola-pastorale e gli insediamenti tendono a stabilizzarsi, mentre la facile navigabilità dell'Adriatico favorisce l'arrivo di genti di provenienza illirica, culturale più evoluta. Particolarmente diffusa ebbe in queste zone del lago, dove erano arrivati i Marsi, vi sono testimonianze di intensi rapporti commerciali di queste popolazioni che abitavano intorno al lago Fucino. Tale cultura evidenzia il carattere misto dell'economia, basata sull'allevamento e sull'agricoltura, che si accentua nella successiva età del Bronzo, nel Neolitico. Un tipo caratteristico di economia che si è mantenuto inalterato fino ai giorni nostri. Sappiamo che nell'età del Ferro vi era una suddivisione a quel ceppo italico o sabellico che popolava oltre Marsia anche parte dell'attuale Molise, inoltre la parte est dell'Umbria e il Lazio nella sua parte sud del Tevere. L'indole guerriera era derivata forse dalla necessità propria dei pastori di attraversare il territorio di altre tribù o di altre popolazioni, durante le forzate migrazioni stagionali delle greggi, attraverso quelle antichissime vie d'erba che erano i moderni tratturi. E attestata dall'usanza di seppellire i maschi adulti sempre con le armi e da una tradizione che si tramanda dai primi storiografi romani dell'età repubblicana: Marsa manus, Peligna cohors, Vistina virum vis
scriveva Quinto Ennio. Nec sine Marsos, nec contra Marsos
significa che mai era stata possibile la vittoria dei Romani senza l'aiuto dei Marsi, la tribù che viveva attorno al lago Fucino e la più vicina alla città di Roma, né mai una vittoria contro i Marsi.
Essi furono infatti tra i primi alleati dei cugini romani. Di ceppo italico era infatti la popolazione che sul Tevere, incontrandosi con l'intellettualità dell'aristocrazia etrusca, diede origine a Roma, apportandovi quella forza del carattere, quel realismo esasperato, quella disciplina, quella tenace ostinazione che sono ancora retaggio dei pastori e dei contadini Marsi, sempre nella loro forza e la loro gentilezza.
In riferimento al lago Fucino e alla gente Marsa, originaria della Sabina, occupando tutta la zona si mischiò sia attorno al lago che sui monti, ai nativi che discendevano dall'uomo Cro-Magnon
che vi si era insidiato da circa 20.000 anni prima, testimoniato dai reperti ritrovati e altre documentazioni …
Da qui cominciano le varie storie del lago e dello stesso popolo che vi viveva attorno nella sua quotidianità, nelle sue speranze, le sue aspettativa e anche la gioia di possedere un lago veramente eccezionale, il quale molto prima che essi vi arrivassero doveva occupare la maggior parte della piana chiusa tra le montagne …
Qualche cosa me la racconta anche un contadino che incontrai vicino all'incile e che aveva anche lui dei terreni ricavati dal prosciugamento del lago. Si chiamava Bartolomeo. Mi parlò molto del nonno che aveva lavorato con gli operai di Torlonia alla realizzazione dell'opera nuova rispetto a quella che avevano fatto i Romani tra gli anni 40 e 50 d. C.
Da lui seppi tutti i retroscena che c'erano stati quando Torlonia iniziò la sua grande opera per prosciugare definitivamente il lago e sfruttare le sue terre. C'erano stati altri lavori provati nel lago ma mai portati a termine per le disgrazie che si erano abbattute su chi aveva preso l'iniziativa…
Gli aveva raccontato il nonno che dopo l'unità d'Italia avvenuta nel 1861, tutti nella zona della Marsica e attorno al lago si aspettavano grandi opere per aiutare la zona a non deperire e l'oppressione e lo sfruttamento l'avevano ridotta in miserevoli condizioni ed era una delle più povere di tutta l'Italia. Ci servivano molti lavori e investimenti da parte del nuovo Stato Italiano. Pensavano più alle zone già ricche, dove era facile che i grandi proprietari investissero con la certezza di un buon guadagno e non tanto per risollevare le sorti di queste zone e quelle degli agricoltori.
L'agricoltura andava sempre più giù perché c'era la necessità di coltivare le terre, con poco profitto. Si potevano coltivare solo quelle più a monte, perché nel piano e nelle colline c'erano quelle dei ricchi latifondisti. Ma le frane gli alluvioni, causa il disboscamento, portavano via il lavoro già fatto, rovinando l'intero raccolto. Lo stesso succedeva a quelli che avevano i terreni vicino alle acque del lago, che venivano continuamente allagati. Anche le zone vicino a Sulmona diventavano paludose per il mancato assesto dei fiumi della zona. A causa di queste paludi i Marsicani erano costretti a piantare il più possibile i grandi vigneti e anche gli oliveti per avere un raccolto sicuro.
La grande estensione d'acqua che ancora occupava tutta la conca tra le montagne e che veniva chiamato il lago di Celano e poi nominata del Fucino, era arrivata al culmine delle sue disgrazie. Praticamente i vari governi si disinteressavano di tutta quella che era l'Abruzzo, regione della quale la Marsica e il lago Fucino facevano parte.
Il racconto inizia con le prime storie del lago Fucino. E non si può parlare del lago se non si parla anche della gente che vi abitava attorno, che lo ammirava e la presenza dei Marsi e le altre popolazioni nei dintorni e tutto parallelo alle iniziative dei Romani sia quelle belliche che gli interventi sul lago e per il lago stesso. Protagonista col lago ai tempi dei Romani c'è Giovambattista con la sua famiglia e con il padre pescatore, un gregge di pecore, il cane pastore Biancone, il progenitore del 'pastore abruzzese', e il suo grande amore per la montagna.
L'Autore
Antonio Insardi
RITORNO ALL’ERA DELLA PIETRA
Era appena finito l'inverno, il 21 aprile del 1999, e i picchi più alti dei monti che circondano la zona dove abito, a qualche chilometro dall'immensa piana del Fucino, che posso percorrere in bicicletta, si sono tolti la bianca coltre che li ha tenuti ben coperti per quasi due mesi e che aveva tenuto al caldo l'erba e i semi che lungo i pendii erano stati affidati a madre terra dai contadini durante l'autunno. Sono liberi e germoglieranno adesso con l'umidità della terra e il caldo del sole.
Sappiamo che la vita dell'uomo, ovunque egli si trovi, in pianura o in montagna, in una casa suntuoso o in un tugurio, può seguire due vie, una della vita e l'altra della morte, e la differenza tra queste due situazioni è veramente grande ; loro avevano la via della vita come l'aveva il loro lago il quale, un tempo aveva il suo sfogo verso la foce dove c'era il suo emissario che passava per le colline di Cesolino.
La prima via della popolazione marsa era quella di amare se stessa, la seconda amare il lago e poi tutto quello che non faresti che sia fatto a te tu non fare agli altri e neanche al tuo lago. Questo era un insegnamento per quella popolazione che doveva benedire il lago anche se lui li malediva con gli allagamenti, ma non era colpa sua se allora il livello era incostante. Era tutta un'azione naturale e atmosferica che riguardava in modo particolare la zona. Ne avrebbe certamente fatto a meno, perché quella gente non era un suo nemico, ma piuttosto un carissimo amico e lui non voleva perseguitarlo, come sperava che essi non perseguitassero lui. Certo se lui li amava perché essi lo amavano non c'era nulla di cui vantarsi. Sapeva che non l'avevano mai trascurato e che lo amavano veramente e sinceramente … ma tra loro c'era comunque qualche cosa che non andava e che innervosiva tutta quella gente e specialmente gli agricoltori e tramite loro tutti gli altri. Egli sapeva di non avere la coscienza cattiva, ma essi soffrivano ugualmente e questo li portava a disfarsi di lui.
Era anche un po' la loro vita per quel po' di pesce che poteva offrire loro. Ma c'erano altre circostanze nelle quali egli poteva essere loro utile, come quando volevano fare il bagno specialmente con l'afa che soffocava e avevano bisogno di refrigerio. Quando si dovevano spostare da una città all'altra in barca, egli li accompagnava lasciando scivolare lievemente la barca sulla sua superficie calma e livellata come un tavola.
Poi c'era la via della morte, già successa alcune volte per malore e per mancanza di conoscenza del nuoto che deve essere un esercizio permanente per evitare che l'inesperienza, la mancanza di abilità nel nuotare o in fine anche un malore improvviso o causato per mancanza del buon senso, come farsi il bagno a stomaco pieno, la qual cosa può causare una congestione, come un aumento eccessivo dell'afflusso del sangue. In questo in lui non c'era frode o malizia, oppure ostentazione e spavalderia.
Chiunque si affidava alle sue acque egli cercava di aiutarlo, per evitare che gli percorresse la via della morte. Non era un persecutore dei suoi abitanti e di chi lo solcava anche con la barca per percorrerlo da un capo all'altro per diporto o per necessità.
Possiamo anche dire che era la vita della gente della laguna, la quale portava avanti la sua esistenza regolandosi anche agli umori delle condizioni atmosferiche e quelle del lago le quali, a volte, seguivano quelle dell'ambiente e del clima.
Le condizioni del lago avevano anche i loro effetti sulla popolazione specialmente quando il livello saliva, allagava i terreni coltivati e poteva anche uccidere qualche animali, specialmente agnelli che potevano affogare nelle sue acque.
Mi fermo davanti la grande costruzione dell'Incile, che fu ed è tutt'ora l'emissario artificiale del lago Fucino, secondo il progetto dell'imperatore Claudio eseguito all'inizio del 41 d. C., con l'intenzione di far scendere il livello di 4 o 5 metri ; successivamente ampliato e completato dagli ingegneri del principe Torlonia più di 18 secoli dopo quando il lago fu completamente prosciugato nel 1875.
Mentre osservo la grande statua della Madonna, alta alcuni metri e messa lì dalla pietà dei contadini, i quali si aspettavano e si aspettano dalla Madre di Dio la sua protezione e il suo amore materno per benedire il loro lavoro e ottenere buoni raccolti. I miei pensieri che stavano considerando alcune misere cose dell'anno passato, scavalcano i secoli e si dirigono verso la preistoria quando dopo le ultime glaciazione, i ghiacciai sciogliendosi dai monti riempirono delle loro acque la conca sottostante che diventò un lago … Si vede davanti a me il gruppo dell'Acerreta e dietro di me quello del Velino che allora portavano l'acqua che si scioglieva da questi due vivissimi depositi di ghiaccio verso il sottostante lago, facendomi capire che la sua estensione ai tempi occupava tutta la zona libera tra le montagne, fino a raggiungere quelli chiamati Campi Palentini, che oggi si trovano dall'altro versante del Salviano.
I monti che vedo in fondo alla laguna che si estende davanti a me sono gli stessi che chiudevano la vasta conca a sud, a ovest e a est, restando libera sola la parte nord del bacino, dietro di me e che formò ai tempi l'emissario naturale del lago, foce dalla quale l'ultima acqua trasbordava nei fiumi che scorrevano in questa zona libera.
Nella mia mente sono presenti alcuni reperti geologici che accertano la presenza dell'uomo di Cro-Magnon: una località archeologica francese dove vennero per primo rinvenuti i resti dell'uomo ritenuto il diretto progenitore dell'uomo attuale.
Era vissuto nell'era Paleolitica, che fu la prima età della pietra rozzamente scheggiata, dei selci e dell'uomo del periodo delle glaciazioni.Quest'uomo viveva di caccia, di pesca e si nutriva di vegetali che nascevano spontaneamente. Per sfuggire agli animali feroci e anche alle intemperie si rifugiava nelle caverne. Quando non era impegnato a procurarsi il cibo egli lavorava ossa corna e avorio degli animali per costruire arpioni per la caccia e la pesca. Per lasciare un segno del suo passaggio incise dei disegni di animali, di lotte e di uomini sulle pareti delle grotte dove viveva.
Quindi, questo stesso uomo, più di 20.000 anni a.C. era vissuto in questa zona e che il popolo marso che proveniva dalla Sabina, si insediò attorno al lago e sulle montagne che lo delimitavano, prima si fusero con la gente nativa del luogo, gli aborigeni, e poi col tempo li soppiantarono. Intanto il lago si era un po' ritirato dalla sua originaria estensione a causa delle estati caldissime e gli inverni non più freddi ma tiepidi.
Quando