Sulla nascita dell'Antropologia culturale moderna Dalla scoperta dell'America all'Illuminismo La ... more Sulla nascita dell'Antropologia culturale moderna Dalla scoperta dell'America all'Illuminismo La scoperta dell'America fu un evento che, oltre a condizionare gli sviluppi storico-economici del Vecchio Mondo, costrinse gli Europei a rimettere in discussione la loro concezione del mondo e gli schemi tradizionali della loro cultura umanistica e religiosa. Il contatto con gli indigeni americani, infatti, pose il problema del "selvaggio" e riaprì le questioni sui "barbari" e sull'origine naturale dell'uomo, sullo "stato di natura", sull'origine e sugli stadi di sviluppo delle società, sui criteri con cui distinguere le razze umane, sulla diversità dei costumi, delle leggi, delle religioni, dando così il via ad un ampio e prolungato dibattito che interessò filosofi, giuristi e teologi. Le prime valutazioni sulle popolazioni del Nuovo Mondo, a parte quelle di Colombo che aveva tutto l'interesse a sottolineare la bontà della sua scoperta, furono negative: l'homo americanus venne via via rappresentato da teologi e giuristi come un bruto, incapace di darsi una legge, una magistratura, uno stato. Tale considerazione negativa nacque dall'atteggiamento etnocentrico degli Europei che giudicavano le popolazioni americane secondo il pregiudizio che la propria civiltà e la propria cultura fossero superiori e preferibili a tutte le altre. Essi avevano avuto l'esperienza delle nazioni orientali, alcune delle quali ritenute barbare, ma ora questo concetto diventava inadatto a comprendere le forme di vita e le costumanze degli Americani. Barbari erano i popoli di civiltà diversa, ma aventi determinate organizzazioni sociali riconducibili a quelle degli Europei; le prime relazioni pervenute dalle Americhe, invece, escludevano la presenza di benché minime organizzazioni sociali. Poiché, dunque, quelle popolazioni non potevano essere considerate neanche barbare, si elaborò per loro una nuova definizione secondo la quale selvaggi sono quei popoli che di norma vivono nelle foreste, senza religione, senza legge, senza fissa dimora e piuttosto da bestie che da uomini. Nacque così il concetto di "stato di natura", con il quale si indicava una condizione umana priva del tutto di socialità e di istituzioni politiche, contrapposta a quella delle complesse società storiche, formatesi con l'evoluzione dell'umanità a partire dagli antichi imperi medioorientali. Man mano, però, che le conoscenze sugli indigeni americani si approfondivano, attraverso successive e numerose relazioni di missionari e viaggiatori ed amministratori, e si scopriva presso di loro la presenza di organizzazioni familiari, tribali e militari, che era possibile interpretare come forme di vere e proprie società, molte comunità indigene vennero classificate come popolazioni in qualche modo "civili ". Si ebbero cosi due definizioni di stato di natura: la prima lo caratterizzava come condizione bruta, antecedente la costituzione della società civile; l'altra, invece, come uno stato di perfezione, uno stato di piena libertà che si esplica entro i limiti della legge di natura. Sullo stato di natura si aprì, quindi, una controversia che impegnò i filosofi fino al '700; la seconda tesi, però, ebbe esiti migliori anche perché il vivere secondo natura dei selvaggi divenne la pietra di paragone con cui si misuravano le creazioni artificiali della società europea. Il primo a rivalutare i selvaggi, di cui metteva in evidenza non più i difetti ma i pregi, per polemizzare con la sua società dell'epoca, fu Montaigne (1533-1592), la cui opera, insieme a quella di altri, contribuì a far nascere il "mito del buon selvaggio" che caratterizzò larga parte della saggistica del XVII e del XVIII secolo. Il Montaigne fu anche il portavoce di quella borghesia mercantilistica che si andava liberando dai vincoli economici e culturali del mondo feudale e che era interessata a sfruttare le ricchezze del Nuovo Mondo in modo più razionale. Diversamente, infatti, dai primi conquistadores spagnoli, che
Negli anni '70 del secolo scorso il teatro popolare tradizionale fu il tema di due ampie ricerche... more Negli anni '70 del secolo scorso il teatro popolare tradizionale fu il tema di due ampie ricerche svolte da Gastone Venturelli (Università di Fiurenze) e da Pietro Clemente (Università di Siena), che ebbero obiettivi in parte diversi. L'articolo qui ne fa un po' la storia, inquadrandola nel contesto culturale italiano di allora, quando il teatro della cultura tradizionale fu visto come un elemento su cui innestare quella moderna.
In questo articolo viene presentata un'opera sconosciuta dell'umanista Angelo Ambrogini, più noto... more In questo articolo viene presentata un'opera sconosciuta dell'umanista Angelo Ambrogini, più noto come "il Poliziano". L'opera consiste in un taccuino d'appunti in cui il Poliziano raccoglieva aneddoti che avessero una particolare espressione linguistica.Si tratta in sostanza di un accurato studio filologico trasportato dalle opere classiche al linguaggio della quotidianità
Alcune considerazioni sulle fiabe e su Vittorio Imbriani, autore di una antologia di novelle fior... more Alcune considerazioni sulle fiabe e su Vittorio Imbriani, autore di una antologia di novelle fiorentine raccolte mediante la stenografia.
Il cibo come elemento fondamentale nei riti del solstizio invernale. Panoramica dei luoghi italia... more Il cibo come elemento fondamentale nei riti del solstizio invernale. Panoramica dei luoghi italiani in cui la tradizione sopravvive.
Il neoborbonismo. Memoria divisa o mistificazione? istitutoeuroarabo.it/DM/il-neoborbonismo-memor... more Il neoborbonismo. Memoria divisa o mistificazione? istitutoeuroarabo.it/DM/il-neoborbonismo-memoria-divisa-o-mistificazione/ di Mariano Fresta Il punto di osservazione La città di Caserta, nonostante la presenza della famosa Reggia e delle innumerevoli caserme militari risalenti al Regno dei Borbone sembri dimostrare il contrario, è un agglomerato urbano che si è formato recentemente, dalla fine del secolo XIX a tutto il Novecento. Per questi motivi è facile ritenere che il filone politico-culturale conosciuto come "neoborbonismo" qui trovi qualche difficoltà a diffondersi, mentre in genere si pensa che esso trovi facile accoglienza tra la popolazione dei "lazzaroni" di Napoli che, tra l'altro, è una città a vocazione monarchica tanto che, nel secolo scorso, per qualche decennio è stata dominio di Achille Lauro, portabandiera di un partito monarchico, non si sa bene se pro i Savoia o pro gli antichi sovrani napoletani [1]. A Caserta, invece, l'idea che sotto i Borbone si stesse meglio circola, credo inconsapevolmente, anche presso i ceti intellettuali che ogni tanto si lasciano andare a giudizi ripresi dalle numerose pubblicazioni susseguite negli anni recenti dedicate alla revisione storiografica delle vicende italiane dell'ultimo quarantennio del diciannovesimo secolo e il fenomeno del brigantaggio post-unitario.
Comitato di Redazione 1 maggio 2022 Caserta. La città indifferente istitutoeuroarabo.it/DM/casert... more Comitato di Redazione 1 maggio 2022 Caserta. La città indifferente istitutoeuroarabo.it/DM/caserta-la-citta-indifferente/ di Mariano Fresta [*] La città distratta Nel 2009 la casa Editrice Einaudi ristampò, nella collana «Stile libero», un libro già uscito circa dieci anni prima, dal titolo Ritorno alla città distratta; il libro, definito in controcopertina "romanzo", è più di un'opera narrativa, in quanto la protagonista è la città di Caserta insieme con i suoi abitanti con i loro comportamenti, la loro cultura, la loro mentalità, la loro vita. Ne è autore Antonio Pascale, nato a Napoli, ma vissuto durante la sua giovinezza a Caserta. Diventato giornalista e scrittore di opere teatrali e cinematografiche, dopo essersene allontanato per alcuni anni, torna nella città che lo aveva visto crescere; questo temporaneo rientro gli permette di svolgere sulla vita quotidiana della città e dei suoi abitanti alcune considerazioni che sono diventate materia del volume [1].
... Mariano Fresta ... ca-ratterizzata dalla elementarita psicologica, dalla ingenuita, ed emerge... more ... Mariano Fresta ... ca-ratterizzata dalla elementarita psicologica, dalla ingenuita, ed emerge la difficolta ad approfondire i caratteri dell'arte popola-re come ... cui don Benedet-to cercava di rimuovere tutto quanto fosse <popolare>>, e la presenza viva e reale del <<popolo>> che si ...
En exploitant des fragments tires d'une longue entrevue, l'article reconstruit de maniere... more En exploitant des fragments tires d'une longue entrevue, l'article reconstruit de maniere synthetique la vie et la culture d'Elia Giomarelli de Castiglione d'Orcia (Sienne), qui fut pendant de longues annees «capomaggio», soit le chef, l'organisateur et le principal chantre de la «maggiolata», le chant de quete qui se deroule dans la nuit entre le 30 avril et le premier mai. L'histoire de Giomarelli est aussi un temoignage des conditions materielles de vie de nombreux «valdorciani», les habitants de cette partie meridionale de la province de Sienne, aujourd'hui celebre et frequentee par un tourisme haut de gamme, encore pauvre et degradee il y a encore quelques decennies.
L'enquete commence par la lecture d'un article de journal de 1929 sur "La pastorella... more L'enquete commence par la lecture d'un article de journal de 1929 sur "La pastorella che respinge l'offerta di amore del ricco estraneo", suivi de la chanson en francais. L'informateur evoque ensuite les circonstances dans lesquelles se pratiquaient le chant et comment se transmettaient les chansons dans sa famille par son pere et sa mere et l'origine de son cahier de chanson. Il raconte deux anecdotes sur la guerre une sur son grand-pere remarque par son capitaine grâce a son chant et l'autre sur un soldat (qui vit aujourd'hui en Argentine) citant a sa mere les paroles de la chanson "Adieu mes tambours" qu'il interprete : "Combattre n'est rien quand on en revient". Evocation de sa pratique des collecteurs. Sa femme chante parfois seule ou avec lui. A propos des chansons grivoises, il evoque celle "Noe" qu'il ne chante pas toutefois. Tout au long de l'enquete, il feuillette le cahier de chansons (380...
Introduction Material and Methods Results Discussion Conclusions References CAPÍTULO 2: Diversisp... more Introduction Material and Methods Results Discussion Conclusions References CAPÍTULO 2: Diversispora clara (Glomeromycetes)-una nueva especie de dunas salinas del Parque Natural Cabo de Gata (España) Resumen CHAPTER 2: Diversispora clara (Glomeromycetes)-a new species from saline dunes in the Natural Park Cabo de Gata (Spain)
... mezzogiorno. Quando poi e l'ora, molti si affac-ciano alla ringhiera di piazza Belve-der... more ... mezzogiorno. Quando poi e l'ora, molti si affac-ciano alla ringhiera di piazza Belve-dere e il resto della popolazione, le donne i vecchi ei bambini rimasti a casa, si affaccia ai balconi, scende in strada, guarda in direzione della chie-sa. ...
L'antropologia, la modernità e la criminalità organizzata Il libro di Berardino Palumbo, Piegare ... more L'antropologia, la modernità e la criminalità organizzata Il libro di Berardino Palumbo, Piegare i santi (Marietti, Bologna 2020), oltre ad analizzare un fenomeno che quando accade provoca in molti qualche sconcerto, controbatte tutte le spiegazioni che di esso si danno e che agli occhi di un antropologo appaiono (o dovrebbero apparire) insufficienti e dettate da pregiudizi o da considerazioni superficiali e boriose. Il fenomeno è quello degli "inchini" che i partecipanti di una processione religiosa fanno fare alla statua del santo, inclinando il fercolo verso un balcone in cui sta un rappresentante della malavita locale con tutta la sua famiglia. Secondo Palumbo, tutte le interpretazioni, che laici e cattolici, giornalisti e scrittori hanno dato a questo fenomeno, sono viziate da un difetto di fondo; esse, infatti, nascono come risposte a domande del tipo: ha esso a che fare con la religione? È un comportamento religioso moderno oppure si tratta di residui di paganesimo e di ignoranza? A queste stesse domande la risposta dell'antropologo Palumbo è: "Dipende", che, di primo acchito, disorienta il lettore. Poi l'antropologo prosegue con un ragionamento che ti conduce a comprendere il perché di quel "dipende": «Dipende da cosa intendiamo per religione e religiosità, da chi definisce queste nozioni e all'interno di quali processi storici, da come nelle società in questione si relazionano tra di loro le idee sulla violenza, i modi di agire nei rituali festivi e nella quotidianità, le costruzioni della soggettività maschile, le configurazioni dello spazio pubblico; da come tali nodi si connettono a loro volta con i nostri (di italiani, europei, eventualmente cattolici, talvolta studiosi) sentimenti, con le nostre emozioni incorporate, la nostra etica, la nostra idea di modernità e la loro complessa storia» (p. 10).
Sulla nascita dell'Antropologia culturale moderna Dalla scoperta dell'America all'Illuminismo La ... more Sulla nascita dell'Antropologia culturale moderna Dalla scoperta dell'America all'Illuminismo La scoperta dell'America fu un evento che, oltre a condizionare gli sviluppi storico-economici del Vecchio Mondo, costrinse gli Europei a rimettere in discussione la loro concezione del mondo e gli schemi tradizionali della loro cultura umanistica e religiosa. Il contatto con gli indigeni americani, infatti, pose il problema del "selvaggio" e riaprì le questioni sui "barbari" e sull'origine naturale dell'uomo, sullo "stato di natura", sull'origine e sugli stadi di sviluppo delle società, sui criteri con cui distinguere le razze umane, sulla diversità dei costumi, delle leggi, delle religioni, dando così il via ad un ampio e prolungato dibattito che interessò filosofi, giuristi e teologi. Le prime valutazioni sulle popolazioni del Nuovo Mondo, a parte quelle di Colombo che aveva tutto l'interesse a sottolineare la bontà della sua scoperta, furono negative: l'homo americanus venne via via rappresentato da teologi e giuristi come un bruto, incapace di darsi una legge, una magistratura, uno stato. Tale considerazione negativa nacque dall'atteggiamento etnocentrico degli Europei che giudicavano le popolazioni americane secondo il pregiudizio che la propria civiltà e la propria cultura fossero superiori e preferibili a tutte le altre. Essi avevano avuto l'esperienza delle nazioni orientali, alcune delle quali ritenute barbare, ma ora questo concetto diventava inadatto a comprendere le forme di vita e le costumanze degli Americani. Barbari erano i popoli di civiltà diversa, ma aventi determinate organizzazioni sociali riconducibili a quelle degli Europei; le prime relazioni pervenute dalle Americhe, invece, escludevano la presenza di benché minime organizzazioni sociali. Poiché, dunque, quelle popolazioni non potevano essere considerate neanche barbare, si elaborò per loro una nuova definizione secondo la quale selvaggi sono quei popoli che di norma vivono nelle foreste, senza religione, senza legge, senza fissa dimora e piuttosto da bestie che da uomini. Nacque così il concetto di "stato di natura", con il quale si indicava una condizione umana priva del tutto di socialità e di istituzioni politiche, contrapposta a quella delle complesse società storiche, formatesi con l'evoluzione dell'umanità a partire dagli antichi imperi medioorientali. Man mano, però, che le conoscenze sugli indigeni americani si approfondivano, attraverso successive e numerose relazioni di missionari e viaggiatori ed amministratori, e si scopriva presso di loro la presenza di organizzazioni familiari, tribali e militari, che era possibile interpretare come forme di vere e proprie società, molte comunità indigene vennero classificate come popolazioni in qualche modo "civili ". Si ebbero cosi due definizioni di stato di natura: la prima lo caratterizzava come condizione bruta, antecedente la costituzione della società civile; l'altra, invece, come uno stato di perfezione, uno stato di piena libertà che si esplica entro i limiti della legge di natura. Sullo stato di natura si aprì, quindi, una controversia che impegnò i filosofi fino al '700; la seconda tesi, però, ebbe esiti migliori anche perché il vivere secondo natura dei selvaggi divenne la pietra di paragone con cui si misuravano le creazioni artificiali della società europea. Il primo a rivalutare i selvaggi, di cui metteva in evidenza non più i difetti ma i pregi, per polemizzare con la sua società dell'epoca, fu Montaigne (1533-1592), la cui opera, insieme a quella di altri, contribuì a far nascere il "mito del buon selvaggio" che caratterizzò larga parte della saggistica del XVII e del XVIII secolo. Il Montaigne fu anche il portavoce di quella borghesia mercantilistica che si andava liberando dai vincoli economici e culturali del mondo feudale e che era interessata a sfruttare le ricchezze del Nuovo Mondo in modo più razionale. Diversamente, infatti, dai primi conquistadores spagnoli, che
Negli anni '70 del secolo scorso il teatro popolare tradizionale fu il tema di due ampie ricerche... more Negli anni '70 del secolo scorso il teatro popolare tradizionale fu il tema di due ampie ricerche svolte da Gastone Venturelli (Università di Fiurenze) e da Pietro Clemente (Università di Siena), che ebbero obiettivi in parte diversi. L'articolo qui ne fa un po' la storia, inquadrandola nel contesto culturale italiano di allora, quando il teatro della cultura tradizionale fu visto come un elemento su cui innestare quella moderna.
In questo articolo viene presentata un'opera sconosciuta dell'umanista Angelo Ambrogini, più noto... more In questo articolo viene presentata un'opera sconosciuta dell'umanista Angelo Ambrogini, più noto come "il Poliziano". L'opera consiste in un taccuino d'appunti in cui il Poliziano raccoglieva aneddoti che avessero una particolare espressione linguistica.Si tratta in sostanza di un accurato studio filologico trasportato dalle opere classiche al linguaggio della quotidianità
Alcune considerazioni sulle fiabe e su Vittorio Imbriani, autore di una antologia di novelle fior... more Alcune considerazioni sulle fiabe e su Vittorio Imbriani, autore di una antologia di novelle fiorentine raccolte mediante la stenografia.
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Il neoborbonismo. Memoria divisa o mistificazione? istitutoeuroarabo.it/DM/il-neoborbonismo-memor... more Il neoborbonismo. Memoria divisa o mistificazione? istitutoeuroarabo.it/DM/il-neoborbonismo-memoria-divisa-o-mistificazione/ di Mariano Fresta Il punto di osservazione La città di Caserta, nonostante la presenza della famosa Reggia e delle innumerevoli caserme militari risalenti al Regno dei Borbone sembri dimostrare il contrario, è un agglomerato urbano che si è formato recentemente, dalla fine del secolo XIX a tutto il Novecento. Per questi motivi è facile ritenere che il filone politico-culturale conosciuto come "neoborbonismo" qui trovi qualche difficoltà a diffondersi, mentre in genere si pensa che esso trovi facile accoglienza tra la popolazione dei "lazzaroni" di Napoli che, tra l'altro, è una città a vocazione monarchica tanto che, nel secolo scorso, per qualche decennio è stata dominio di Achille Lauro, portabandiera di un partito monarchico, non si sa bene se pro i Savoia o pro gli antichi sovrani napoletani [1]. A Caserta, invece, l'idea che sotto i Borbone si stesse meglio circola, credo inconsapevolmente, anche presso i ceti intellettuali che ogni tanto si lasciano andare a giudizi ripresi dalle numerose pubblicazioni susseguite negli anni recenti dedicate alla revisione storiografica delle vicende italiane dell'ultimo quarantennio del diciannovesimo secolo e il fenomeno del brigantaggio post-unitario.
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... Mariano Fresta ... ca-ratterizzata dalla elementarita psicologica, dalla ingenuita, ed emerge... more ... Mariano Fresta ... ca-ratterizzata dalla elementarita psicologica, dalla ingenuita, ed emerge la difficolta ad approfondire i caratteri dell'arte popola-re come ... cui don Benedet-to cercava di rimuovere tutto quanto fosse <popolare>>, e la presenza viva e reale del <<popolo>> che si ...
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L'enquete commence par la lecture d'un article de journal de 1929 sur "La pastorella... more L'enquete commence par la lecture d'un article de journal de 1929 sur "La pastorella che respinge l'offerta di amore del ricco estraneo", suivi de la chanson en francais. L'informateur evoque ensuite les circonstances dans lesquelles se pratiquaient le chant et comment se transmettaient les chansons dans sa famille par son pere et sa mere et l'origine de son cahier de chanson. Il raconte deux anecdotes sur la guerre une sur son grand-pere remarque par son capitaine grâce a son chant et l'autre sur un soldat (qui vit aujourd'hui en Argentine) citant a sa mere les paroles de la chanson "Adieu mes tambours" qu'il interprete : "Combattre n'est rien quand on en revient". Evocation de sa pratique des collecteurs. Sa femme chante parfois seule ou avec lui. A propos des chansons grivoises, il evoque celle "Noe" qu'il ne chante pas toutefois. Tout au long de l'enquete, il feuillette le cahier de chansons (380...
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... mezzogiorno. Quando poi e l'ora, molti si affac-ciano alla ringhiera di piazza Belve-der... more ... mezzogiorno. Quando poi e l'ora, molti si affac-ciano alla ringhiera di piazza Belve-dere e il resto della popolazione, le donne i vecchi ei bambini rimasti a casa, si affaccia ai balconi, scende in strada, guarda in direzione della chie-sa. ...
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Alcuni versi leopardiani sono tratti dal VII Libro dell'Eneide di Virgilio, ma alcune varianti se... more Alcuni versi leopardiani sono tratti dal VII Libro dell'Eneide di Virgilio, ma alcune varianti segnano la differenza tra la poesia classica e quella moderna.
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L'articolo qui ne fa un po' la storia, inquadrandola nel contesto culturale italiano di allora, quando il teatro della cultura tradizionale fu visto come un elemento su cui innestare quella moderna.
L'articolo qui ne fa un po' la storia, inquadrandola nel contesto culturale italiano di allora, quando il teatro della cultura tradizionale fu visto come un elemento su cui innestare quella moderna.