in I voli dell'Ariosto. L'Orlando furioso e le arti, a cura di M. Cogotti, V. Farinelli, M. Preti, Milano, Officina Libraria, 2016, pp. 119-134
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsias... more Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l'autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell'editore.
Uploads
Books by Monica Preti
Dieser Sammelband gibt ausgewiesenen Wissenschaftlern wie jüngeren Forschern
aus verschiedenen Ländern ein Forum: Achtzehn internationale Studien (in deutscher,
italienischer, englischer und französischer Sprache) untersuchen Aspekte der Textinterpretation des Orlando furioso (Teil I) und seiner Rezeption in Literatur, kritischer Debatte und der Bildenden Kunst, im 16. Jahrhundert ebenso wie in den folgenden Jahrhunderten (Teil II).
Dopo cinquecento anni di storia e di intensa ricezione nelle tradizioni culturali europee
e di tutto il mondo, l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, apparso per la prima volta a
Ferrara il 22 aprile del 1516, mostra ancora oggi una sorprendente vitalità, continuando a sollecitare la nostra immaginazione e sollevando interrogativi sempre nuovi, grazie alla sua inesauribile complessità e profondità.
Questa raccolta di contributi dà voce a studiosi più esperti e a giovani ricercatori provenienti da vari Paesi. Attraverso diciotto studi in varie lingue (italiano, tedesco, inglese e francese), vengono indagati aspetti dell'interpretazione del testo (parte prima) e della sua ricezione nella letteratura, nel dibattito critico e nelle arti fi gurative, sia durante il Cinquecento, sia nei secoli successivi (parte seconda).
Composto fra il 1705 e il 1712, rielaborato negli anni successivi e infine pubblicato nel 1721, il Saggio di architettura storica nasce come un’opera aperta, in cui J.B. Fischer von Erlach continuò per anni a riversare disegni e progetti sollecitati da stimoli di varia natura. Nelle sue tavole – qui integralmente riprodotte – troviamo accostati i grandi monumenti della tradizione occidentale, dal tempio di Salomone alle Meraviglie del mondo, a una serie di edifici del vicino e lontano oriente (dal mondo ottomano alla Cina): gli uni e gli altri posti sullo stesso piano dell’architettura barocca viennese in base al principio che “i gusti delle nazioni non differiscono in architettura più di quanto non capiti nelle maniere di vestirsi o di cucinare le carni”.
Quale il significato di questa raccolta tanto stravagante quanto originale? Dobbiamo vedervi un primo, epocale, tentativo di andare al di là dei canoni consolidati della tradizione vitruviana? Oppure al contrario un’operazione essenzialmente etnocentrica, che proiettava sulla sfera dell’immaginario architettonico le mire universalistiche del colonialismo europeo?
Probabilmente Fischer von Erlach, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non avrebbe colto il senso della domanda. Quel che si respira, nelle sue tavole, non è una chiara consapevolezza dei processi in atto, ma il confuso sedimentarsi di stimoli eterogenei, a volti contraddittori, lasciati filtrare da quella che sembra essere stata una delle doti migliori dell’architetto: la sua irrequieta curiosità, la sua prensile capacità di orecchiare. Ponendosi in ascolto, sentiamo ancora gli echi delle frequentazioni romane della sua gioventù – le voci di Athanasius Kircher e Giovanni Pietro Bellori, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana – convivere con gli incontri e le letture degli anni viennesi: Leibniz, Heraeus, Wren… e poi la letteratura di viaggio e le guide antiquarie, gli atlanti storici e i teatri di città, le raccolte di vedute e i libri di architettura, le accademie scientifiche e le biblioteche di corte, le missioni gesuitiche e le Wunderkammern, le discussioni sulla lingua universale e la passione per l’Egitto, e su tutto la travolgente espansione della città di Vienna e la sensazione che la storia si era rimessa in moto.
Papers by Monica Preti
Per rispondere a questa domanda, nell’articolo mettiamo a confronto la tavola con altre due serie coeve: Octo mundi miracula di Maarten van Heemskerck (1572) e Septem orbis admiranda di Antonio Tempesta (1608), stampate entrambe ad Anversa e profondamente influenzate dagli ideali dell’umanesimo cristiano di matrice erasmiana allora molto coltivati nei circoli artistico-letterari nederlandesi. Sullo sfondo di scenari differenti, ma avvinti da molteplici ragioni di mutuo interesse – la Roma post-tridentina e i Paesi Bassi spagnoli, il mondo dell’Oratorio e le reti degli artisti e stampatori attivi a cavallo delle Alpi – l’articolo mira così a contribuire allo studio di quel rapporto fra cultura antiquaria e pensiero neo-stoico che è stato riconosciuto come uno tratti qualificanti, sia pur con inflessioni di volta in volta distinte e distintive, della Repubblica europea della Lettere.
Dieser Sammelband gibt ausgewiesenen Wissenschaftlern wie jüngeren Forschern
aus verschiedenen Ländern ein Forum: Achtzehn internationale Studien (in deutscher,
italienischer, englischer und französischer Sprache) untersuchen Aspekte der Textinterpretation des Orlando furioso (Teil I) und seiner Rezeption in Literatur, kritischer Debatte und der Bildenden Kunst, im 16. Jahrhundert ebenso wie in den folgenden Jahrhunderten (Teil II).
Dopo cinquecento anni di storia e di intensa ricezione nelle tradizioni culturali europee
e di tutto il mondo, l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, apparso per la prima volta a
Ferrara il 22 aprile del 1516, mostra ancora oggi una sorprendente vitalità, continuando a sollecitare la nostra immaginazione e sollevando interrogativi sempre nuovi, grazie alla sua inesauribile complessità e profondità.
Questa raccolta di contributi dà voce a studiosi più esperti e a giovani ricercatori provenienti da vari Paesi. Attraverso diciotto studi in varie lingue (italiano, tedesco, inglese e francese), vengono indagati aspetti dell'interpretazione del testo (parte prima) e della sua ricezione nella letteratura, nel dibattito critico e nelle arti fi gurative, sia durante il Cinquecento, sia nei secoli successivi (parte seconda).
Composto fra il 1705 e il 1712, rielaborato negli anni successivi e infine pubblicato nel 1721, il Saggio di architettura storica nasce come un’opera aperta, in cui J.B. Fischer von Erlach continuò per anni a riversare disegni e progetti sollecitati da stimoli di varia natura. Nelle sue tavole – qui integralmente riprodotte – troviamo accostati i grandi monumenti della tradizione occidentale, dal tempio di Salomone alle Meraviglie del mondo, a una serie di edifici del vicino e lontano oriente (dal mondo ottomano alla Cina): gli uni e gli altri posti sullo stesso piano dell’architettura barocca viennese in base al principio che “i gusti delle nazioni non differiscono in architettura più di quanto non capiti nelle maniere di vestirsi o di cucinare le carni”.
Quale il significato di questa raccolta tanto stravagante quanto originale? Dobbiamo vedervi un primo, epocale, tentativo di andare al di là dei canoni consolidati della tradizione vitruviana? Oppure al contrario un’operazione essenzialmente etnocentrica, che proiettava sulla sfera dell’immaginario architettonico le mire universalistiche del colonialismo europeo?
Probabilmente Fischer von Erlach, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non avrebbe colto il senso della domanda. Quel che si respira, nelle sue tavole, non è una chiara consapevolezza dei processi in atto, ma il confuso sedimentarsi di stimoli eterogenei, a volti contraddittori, lasciati filtrare da quella che sembra essere stata una delle doti migliori dell’architetto: la sua irrequieta curiosità, la sua prensile capacità di orecchiare. Ponendosi in ascolto, sentiamo ancora gli echi delle frequentazioni romane della sua gioventù – le voci di Athanasius Kircher e Giovanni Pietro Bellori, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana – convivere con gli incontri e le letture degli anni viennesi: Leibniz, Heraeus, Wren… e poi la letteratura di viaggio e le guide antiquarie, gli atlanti storici e i teatri di città, le raccolte di vedute e i libri di architettura, le accademie scientifiche e le biblioteche di corte, le missioni gesuitiche e le Wunderkammern, le discussioni sulla lingua universale e la passione per l’Egitto, e su tutto la travolgente espansione della città di Vienna e la sensazione che la storia si era rimessa in moto.
Per rispondere a questa domanda, nell’articolo mettiamo a confronto la tavola con altre due serie coeve: Octo mundi miracula di Maarten van Heemskerck (1572) e Septem orbis admiranda di Antonio Tempesta (1608), stampate entrambe ad Anversa e profondamente influenzate dagli ideali dell’umanesimo cristiano di matrice erasmiana allora molto coltivati nei circoli artistico-letterari nederlandesi. Sullo sfondo di scenari differenti, ma avvinti da molteplici ragioni di mutuo interesse – la Roma post-tridentina e i Paesi Bassi spagnoli, il mondo dell’Oratorio e le reti degli artisti e stampatori attivi a cavallo delle Alpi – l’articolo mira così a contribuire allo studio di quel rapporto fra cultura antiquaria e pensiero neo-stoico che è stato riconosciuto come uno tratti qualificanti, sia pur con inflessioni di volta in volta distinte e distintive, della Repubblica europea della Lettere.
La sessione sarà dedicata alle radici storiche di questo fenomeno. Se il costume del voyage littéraire et artistique sembra attestato per lo meno dal XVI secolo, è solo a cavallo fra Sette e Ottocento che i luoghi di vita e lavoro degli uomini illustri iniziano a essere musealizzati, per divenire oggetto di una peculiare forma di viaggio: il pellegrinaggio culturale. Molti fattori sembrano aver contribuito alla trasformazione: dal culto romantico dell’artista alle retoriche patriottiche, dalle politiche di valorizzazione del patrimonio alle mode museografiche e al mercato del turismo.
Nella sessione si confronteranno vari casi di studio considerati sullo sfondo di un contesto più ampio, privilegiando prospettive che consentano di rendere conto dei molteplici aspetti in gioco.